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Conca di Viarenna

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Navigli Milano conca di Viarenna01
Navigli Milano conca di Viarenna01

La Conca di Viarenna (o di Via Arena, detta anche Conca del Vallone) è una conca di navigazione, ora in secca, situata in via Conca del Naviglio a Milano, costruita dalla Veneranda Fabbrica del Duomo tra il 1551 e il 1558 in sostituzione della precedente e omonima conca realizzata nel 1438, che venne demolita durante i lavori di costruzione delle mura spagnole di Milano. Situata lungo il Naviglio Vallone, serviva per superare il dislivello di circa due metri che esisteva tra la Cerchia dei Navigli e la Darsena di Porta Ticinese, ovvero tra l'immissario e la foce del Naviglio Vallone. La Conca di Viarenna fu la prima conca di navigazione costruita in Europa.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Conca di Viarenna (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Conca di Viarenna
Via Marco d'Oggiono, Milano Municipio 1

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Via Marco d'Oggiono 12
20123 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
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Navigli Milano conca di Viarenna01
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Cerchia dei Navigli
Cerchia dei Navigli

La Cerchia dei Navigli era il fossato difensivo allagabile delle mura medievali di Milano, la cui parte sud-est è stata trasformata in Naviglio, ovvero in un canale navigabile. Per tale motivo era anche conosciuto come Naviglio Interno, Fossa Interna o Cerchia Interna. Lungo 6,5 km e largo 9 m nella sua parte navigabile, è stato completamente interrato in ottemperanza al Piano Beruto, primo piano regolatore di Milano, a partire dal 16 marzo 1929 con i lavori che si sono conclusi nell'anno successivo. La Cerchia dei Navigli, nel complesso, era un anello d'acqua che racchiudeva il centro storico medievale di Milano, da cui il nome. Realizzato come fossato difensivo a partire dal 1156 e trasformato in Naviglio nella sua parte sud-est tra il 1387 e il 1496 grazie ai lavori di canalizzazione e ampliamento voluti dai Visconti e dagli Sforza, era il raccordo del sistema dei Navigli di Milano. L'unica parte della Cerchia dei Navigli che rimase semplice fossato non navigabile fu quella verso il Castello Sforzesco, ovvero il tratto situato a nord-ovest: la sua funzione restò infatti quella di portare acqua al fossato del castello. I due rami della Cerchia dei Navigli che si dirigevano verso il Castello Sforzesco erano chiamati Naviglio di San Gerolamo (quello che scendeva dal vertice meridionale della fortificazione lungo via Carducci) e Naviglio Morto (quello che scendeva dal suo vertice settentrionale lungo via Pontaccio). Come immissario la Cerchia dei Navigli aveva il laghetto di San Marco, che era originato dal Naviglio di San Marco (ovvero dall'ultimo tratto del Naviglio della Martesana, che cambiava nome in Naviglio di San Marco dopo la Conca dell'Incoronata), mentre come emissari aveva il Naviglio Vallone, che poi confluiva nella Darsena di Porta Ticinese, e un canale scolmatore che scaricava l'eventuale portata in eccesso della Cerchia dei Navigli nella Vettabbia. Con l'interramento della Cerchia dei Navigli, il Naviglio della Martesana è stato interamente deviato verso il Cavo Redefossi: in precedenza quest'ultimo ne rappresentava semplicemente un canale scolmatore, visto che la gran parte della portata del Naviglio della Martesana fluiva all'interno della Cerchia dei Navigli. La parte del Naviglio della Martesana/Naviglio di San Marco dopo il Cavo Redefossi, così come il Naviglio Vallone e il laghetto di San Marco, furono interrati contestualmente agli analoghi lavori di chiusura della Cerchia dei Navigli. Con il termine "Cerchia dei Navigli" oggi ci si riferisce a un anello di strade che circonda il centro di Milano il cui percorso coincide in larga parte con quello del Naviglio Interno. È in corso un progetto che ha l'obiettivo di ripristinare l'antico canale navigabile (quindi solamente solo la parte sud-est dello storico canale milanese) lungo la Cerchia dei Navigli stradale. Le origini delle mura medievali di Milano risalgono al 1156, quando la città lombarda era in guerra con Federico Barbarossa. Fu Guglielmo da Guintellino, ingegnere militare genovese al servizio dei milanesi, a progettare le opere e a sovrintendere alla loro realizzazione. Guglielmo da Guintellino realizzò anche il loro fossato ampliando forse l'antico refossum romano, ovvero il secondo fossato delle mura romane di Milano, che correva più esterno al primo lambendo i quattro castelli che difendevano la Milano romana. Il fossato romano più interno costeggiava invece le mura. La cinta muraria di Milano, quella repubblicana a sud e a ovest e l'estensione massimiana (286-305) a nord e a oriente (anche se in molti punti la città, con la crescita del centro urbano, le aveva sopravanzate), erano interamente in muratura. Alcuni importanti monumenti, soprattutto chiese e conventi, sorgevano all'esterno di esse (la basilica di Sant'Ambrogio, la basilica di San Lorenzo Maggiore, la basilica di Sant'Eufemia, la basilica di San Babila e la chiesa di San Bernardino alle Ossa, per citarne alcune), e intorno a queste si erano sviluppati insediamenti e attività. La nuova cerchia di mura medievali fu realizzata, più ampia, nel 1156. Essa proteggeva interamente la città e captava nel suo fossato le acque del Seveso e del Nirone. Queste acque furono incanalate nel nuovo fossato a servizio delle mura, che erano larghe ventiquattro braccia; la terra di riporto ottenuta dallo scavo del fossato fu poi utilizzata per costruire imponenti bastioni (chiamati anche "terraggi") la cui localizzazione coincide con le moderne vie della Cerchia dei Navigli stradale. Questo sistema di difesa era strategicamente ben piazzato, ma non particolarmente efficace, dato che era costruito in terra rinforzata da palizzate ed era difeso da torri di legno. Ma questi erano i materiali di cui disponeva Milano, lontana dalle cave di pietra e priva di rilievi su cui arroccare le difese. Federico Barbarossa, durante l'assedio di Milano del 1162, se ne impadronì e rase al suolo la città disperdendo i milanesi nei borghi limitrofi e distruggendo le mura romane, le uniche in muratura. Nel 1171, come conseguenza della distruzione del 1162, si iniziarono i lavori per la costruzione di un più efficace sistema difensivo, questa volta in muratura, dotato di un fossato allagato anche dalle acque dell'Olona, che fino ad allora era indirettamente tributario del fossato delle mura romane e che in questa occasione subì la seconda deviazione della sua storia. La città aveva infatti da tempo un sistema idrico complesso: riceveva acque dal Seveso, dall'Acqualunga, dal Molia, dal Nirone, del Pudiga e dall'Olona; parte la penetravano, parte la circondavano o ne uscivano (il Nirone e la Vettabbia). Bonvesin de la Riva descrive così le mura medievali di Milano nella sua opera De Magnalibus Mediolani, che scrisse nel 1288: La fossa medievale, superata poi militarmente, fu protagonista del benessere della città, dai commerci, all'agricoltura, ecc. perché centro regolatore del sistema irriguo e delle molteplici attività che lo scorrere dell'acqua rendeva possibili: mulini, folle, torchi, magli, torcitoi. Alcune di queste attività sopravvissero anche dopo la trasformazione dell'antico fossato difensivo in un canale navigabile, che avvenne a partire dalla fine del XIV secolo. L'opera di ampliamento necessitò di diversi decenni: si concluse infatti alla fine del XV secolo. Fu Gian Galeazzo Visconti a iniziare imponenti lavori nel 1387 (opere portate poi avanti da Filippo Maria Visconti) rendendo l'antico fossato navigabile fino al laghetto di Santo Stefano con l'obiettivo di far giungere via acqua i marmi e i materiali indispensabili alla Fabbrica del Duomo per costruire la cattedrale milanese. Infatti, fino ad allora, le uniche imbarcazioni che navigavano i canali milanesi erano piccole chiatte. Con la decisione di farvi passare anche i barconi che trasportavano i blocchi di marmo del Duomo, nacque un problema: il pescaggio di queste imbarcazioni, che era molto più elevato rispetto a quello delle piccole chiatte che fino ad allora avevano navigato i navigli milanesi. Per tale motivo, fu necessario l'ampliamento e il dragaggio dell'antico fossato medievale. Le prime opere realizzate furono l'ampliamento e il dragaggio del fossato medievale dalla moderna via Molino delle Armi alla Ca' Granda, dove fu realizzato, nel 1388, il laghetto di Santo Stefano, ovvero il punto di attracco per i materiali destinati alla costruzione del Duomo, che si trovava a 500 metri dal cantiere finalizzato all'edificazione della cattedrale milanese. Dopo questi lavori l'anello d'acqua che giunse a circondare la città medievale fu chiamato Cerchia dei Navigli. Questi lavori portarono alla possibilità di navigare dal Lago Maggiore, dove si trovavano le cave del marmo di Candoglia, materiale con cui fu rivestito il Duomo, a Milano. Nello specifico, le imbarcazioni, dal Lago Maggiore, imboccavano il fiume Ticino, poi il Naviglio Grande e infine il laghetto di Sant'Eustorgio, da cui venivano trasportate, con molta difficoltà, via terra fino alla Cerchia dei Navigli dove venivano nuovamente caricate sui barconi proseguendo il loro percorso via acqua fino ad attraccare al laghetto di Santo Stefano. Per quanto riguarda la navigazione dei Navigli milanesi fu decisiva la costruzione, tra il 1438 e il 1439, del Naviglio Vallone, che collegava il laghetto di Sant'Eustorgio con la Cerchia dei Navigli, e della Conca di Viarenna, che fu la prima conca di navigazione realizzata in Europa. Con essi fu possibile eliminare il già citato trasporto via terra dei marmi dal laghetto di Sant'Eustorgio alla Cerchia dei Navigli. La costruzione della Conca di Viarenna fu necessaria per superare il dislivello tra la Cerchia dei Navigli e laghetto di Sant'Eustorgio, che era circa di due metri. Le imbarcazioni destinate al cantiere del Duomo, a differenza di tutte le altre che percorrevano i Navigli milanesi, riportavano la scritta Auf (lat. Ad usum fabricae, ovvero "ad uso della fabbrica", cioè destinato alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano), scritta che permetteva l'esenzione dai dazi. Da "AUF" è derivato il modo di dire "a ufo", che significa "gratis", "senza pagare". A una delle estremità della Conca di Viarenna è stata ricollocata un'edicola, originariamente situata su uno dei suoi lati, che riporta il decreto ducale del 1497 inciso su una lapide di marmo di Candoglia che esentava dal pedaggio e dal dazio, con la formula Auf, i barconi destinati al trasporto dei materiali per la costruzione del Duomo. Leggenda vuole che lungo la Cerchia dei Navigli nord-ovest si inoltrasse la Magna, ovvero la reggia galleggiante di Filippo Maria Visconti, l'ultimo duca di questa dinastia, figlio cadetto di Gian Galeazzo. Il duca si spostava tra i castelli di Milano, Abbiategrasso, Cusago e Pavia solo per via d'acqua, sia per affari di Stato che per raggiungere le sue amanti (numerose malgrado la salute malferma e un corpo che lo sosteneva a malapena). Dapprima su percorsi incerti per rogge e canali che discendevano fino al Naviglio Grande poi, dal 1445, attraverso la Conca di Sant'Ambrogio, appositamente costruita nell'attuale via Carducci (ramo Vercellino del Castello Sforzesco), e la Conca di Viarenna. Fu infine Ludovico il Moro nel 1496 a completare verso nord, oltre il laghetto di Santo Stefano, l'ampliamento e il dragaggio della Cerchia dei Navigli, così da renderlo navigabile anche ai barconi che trasportavano merci pesanti; questa parte di Cerchia dei Navigli si sviluppava fino al laghetto di San Marco, che era collegato al Naviglio di San Marco, ovvero alla prosecuzione del Naviglio della Martesana a valle della Conca delle Gabelle, dopo la quale cambiava nome. il laghetto di San Marco, il Naviglio di San Marco, il Naviglio della Martesana e la Conca delle Gabelle furono realizzati in precedenza, nel 1469: con questi lavori venne completata la Cerchia dei Navigli navigabile (per tale opera furono fondamentali le innovazioni introdotte da Leonardo da Vinci). Da questo momento in poi fu possibile navigare senza interruzioni nel percorso dal Lago Maggiore al Lago di Como via Milano grazie al Naviglio della Martesana, canale che ha origine dal fiume Adda, corso d'acqua che è emissario proprio del Lago di Como. Esistevano poi due bracci secondari della Cerchia dei Navigli, mai resi navigabili, che erano collegati al fossato del Castello Sforzesco completando a nord-ovest l'anello d'acqua intorno alla città: uno scendeva dal vertice settentrionale della fortificazione da via Pontaccio, dopo la quale si ricongiungeva al fossato navigabile, mentre l'altro, il cosiddetto "ramo Vercellino" (che prende il nome da Porta Vercellina, porta cittadina di Milano che si trovava lungo il suo percorso), usciva dal suo vertice meridionale lungo via Carducci, al termine della quale si ricongiungeva alla fossa navigabile. La parte di Cerchia dei Navigli che iniziava dalla moderna via Carducci, il cosiddetto ramo Vercellino, era anche chiamato Naviglio di San Gerolamo, mentre l'altro ramo, quello che cominciava in via Pontaccio, dopo l'interramento del fossato del Castello, che avvenne nel XVII secolo perché il suo allagamento aveva perso importanza militare, prese il nome di Naviglio Morto, visto che giunto alla fortificazione non aveva sbocchi (analogamente anche il Naviglio di San Gerolamo era "chiuso" dal successivo interramento del fossato del Castello). L'arco della Cerchia dei Navigli mancante a completare l'intero anello navigabile (ovvero la già citata parte nord-ovest, quella in corrispondenza del Castello Sforzesco) ebbe una storia diversa legata in qualche modo alle vicende della fortificazione, al suo fossato e alle molte trasformazioni che essa subì nei secoli. Da nord l'acqua scendeva per via Pontaccio e si incanalava con quella proveniente da rogge, fontanili e fonti che sgorgavano nell'area attorno all'attuale Arena Civica e che cingevano il castello arricchendosi con altre fonti provenienti da nord-ovest (dall'attuale quartiere del Musocco): uscivano dal castello dal vertice meridionale e, attraverso la spianata dell'attuale piazzale Cadorna, si incanalavano per via Carducci dove confluivano nel Naviglio di San Gerolamo. Lunga 6,5 km e larga 9 m nella sua parte navigabile, la Cerchia dei Navigli possedeva nel complesso, lungo le sue sponde, 30 bocche di derivazione che alimentavano rogge irrigue e molinatorie. Lungo il suo percorso erano infatti presenti orti e mulini. Legata a quest'ultima caratteristica, è indicativo il nome di una via della Cerchia dei Navigli: via Molino delle Armi. Come immissario la Cerchia dei Navigli aveva quindi il laghetto di San Marco, che era originato dal Naviglio di San Marco (ovvero dall'ultimo tratto del Naviglio della Martesana, che cambiava nome in Naviglio di San Marco dopo la Conca dell'Incoronata), mentre come emissari aveva il Naviglio Vallone, che poi confluiva nella Darsena di Porta Ticinese, e un canale scolmatore che scaricava l'eventuale portata in eccesso della Cerchia dei Navigli nella Vettabbia. La Vettabbia, in particolare, nasce nell'omonima via dall'unione del canale Molino delle Armi (che scorre sotto la moderna via Santa Croce), del Fugone del Magistrato (che scorre sotto la moderna via Vettabbia) e del canale della Vetra (che corre interrata sotto l'isolato formato dalle due vie citate in posizione intermedia tra i canali menzionati). Il canale della Vetra, che passa sotto l'omonima piazza, aveva origine dalla Cerchia dei Navigli all'altezza della piazza della Resistenza Partigiana e percorreva verso est via Gian Giacomo Mora, via Urbano III, piazza Vetra per poi unirsi, come già accennato al Fugone del Magistrato e al canale Molino delle Armi per dare origine alla Vettabbia. Le mura medievali sono state sostituite dai bastioni spagnoli di Milano, che sono stati costruiti dal 1548 al 1562, mentre la Cerchia dei Navigli è stata completamente interrata tra il 1929 e il 1930. Attualmente il Naviglio della Martesana raggiunge i bastioni di Porta Nuova dove cambia bruscamente direzione verso sud-est mutando nome in Cavo Redefossi. Prima dell'interramento della Cerchia dei Navigli il Cavo Redefossi rappresentava solamente un canale scolmatore del Naviglio della Martesana, che scaricava infatti gran parte della sua portata nella Cerchia dei Navigli. Nel passato il Naviglio della Martesana proseguiva il suo percorso cittadino, ora interrato all'incontro con Via Melchiorre Gioia, verso sud-ovest superando Porta Nuova, sottopassando prima le mura spagnole, poi il ponte delle Gabelle e infine incontrando la Conca dell'Incoronata, dopo la quale cambiava nome in Naviglio di San Marco. Poco dopo, quest'ultimo, dava origine al laghetto di San Marco, che si immetteva nella Cerchia dei Navigli attraverso la Conca di San Marco. Il Naviglio e il laghetto di San Marco, il Naviglio Vallone e il tratto del Naviglio della Martesana da Porta Nuova alla Conca dell'Incoronata sono stati completamente interrati contestualmente agli analoghi lavori di chiusura della Cerchia dei Navigli, ovvero tra il 1929 e il 1930. Invece, il Naviglio Morto e il Naviglio di San Gerolamo, ovvero i due rami della Cerchia dei Navigli che dipartivano dal Castello Sforzesco, furono interrati in precedenza, tra il 1894 e il 1895, visti i problemi igienici causati dall'acqua stagnante (entrambi, come già accennato, non avevano sbocchi, dato che il fossato del castello, loro originaria destinazione, venne interrato nel XVII secolo). Il laghetto di Santo Stefano fu interrato per motivi igienici, data l'acqua stagnante, nel 1857. Il primo documento ufficiale a parlare dell'interramento della Cerchia dei Navigli è stato il Piano Beruto, primo piano regolatore generale di Milano, che è stato approvato nel 1884: ci vollero quasi cinque decenni perché si avviassero i lavori che però, una volta iniziati, marciarono speditamente. La città ne giovò in ammodernamento, ma cambiò completamente fisionomia e perse il suo volto di "città d'acqua". Da Luca Beltrami a Riccardo Bacchelli a Empio Malara, molti commentatori sostennero che il cambiamento e l'adeguamento alle esigenze di mobilità e di sviluppo si sarebbero potute ottenere senza perdere una delle caratteristiche peculiari della città. Di diverso avviso erano Alessandro Manzoni e Filippo Turati, che definirono la Cerchia dei Navigli, rispettivamente, «onda impura» e «gorgo viscido chiazzato e putrido» (Manzoni però non visse la discussione sul loro interramento, visto che morì nel 1873). Stendhal, che soggiornò a Milano per sette anni a inizio XIX secolo, definì la Cerchia dei Navigli, con accezione positiva, «canali-boulevard», richiamando in questo modo i celebri viali parigini. Il 3 marzo 1928 venne chiesto al Ministero dei lavori pubblici, con esito positivo, il permesso per interrare la Cerchia dei Navigli e i canali connessi, ovvero il tratto del Naviglio della Martesana da Porta Nuova alla Conca dell'Incoronata, il Naviglio di San Marco, il Naviglio Vallone e il laghetto di San Marco. La decisione era motivata da nuove necessità viabilistiche e motivi igienici causati dagli scarichi abusivi degli immobili costeggianti i canali, che finivano nella Cerchia dei Navigli anziché nella rete fognaria. La copertura di questi Navigli avvenne tra il 1929 e il 1930: con la loro scomparsa si creò un anello di strade che ne prese il posto e il nome: la "Cerchia dei Navigli" stradale. Con la scomparsa della Cerchia dei Navigli acquea, sparirono anche gli ultimi mulini ad acqua che sorgevano lungo le sue sponde. La spesa da parte del Comune per l'interramento della Cerchia dei Navigli e dei canali connessi fu di oltre 27 milioni di lire del tempo. Marcello Visconti di Modrone, podestà di Milano, risparmiò sulle spese di miglioria, riducendole del 18%. La Cerchia dei Navigli stradale, snodandosi dalla stazione ferroviaria di Cadorna, che è nei pressi di piazza Castello, per le vie Pontaccio, San Marco, Fatebenefrarelli, piazza Cavour, Senato, San Damiano, Visconti di Modrone, Francesco Sforza, Santa Sofia, Molino delle Armi, Edmondo de Amicis e Giosuè Carducci per ritrovarsi di nuovo a fianco della stazione ferroviaria di Cadorna, questa volta dalla parte della piazza omonima, divenne la circonvallazione più interna di Milano, benché già all'epoca venisse definito "cappio al collo", anziché "anello stradale", per via del suo brevissimo raggio, che portava il traffico automobilistico nel centro della città. In realtà l'antico percorso navigabile non coincideva in tutto e per tutto con quello stradale, ma aveva un tracciato che a differenza di quest'ultimo passava da Porta Nuova, attraversava la Conca delle Gabelle, la conca di San Marco, nonché il laghetto e la via omonimi; poi raggiungeva, all'inizio di via Fatebenefratelli, il canale che circumnavigava la città in senso orario (acque discendenti) fino a via De Amicis; da qui, il Naviglio del Vallone piegava all'esterno (ansa verso sinistra) e discendeva, attraverso la Conca di Viarenna, fino alla Darsena di Porta Ticinese per raggiungere i Navigli Grande e Pavese. Con il termine "Cerchia dei Navigli" oggi ci si riferisce a un anello di strade che circondano il centro di Milano il cui percorso coincide in larga parte con quello del Naviglio Interno. L'area di Milano all'interno della cerchia, che corrisponde al centro storico medievale della città, è di 2,97 km². Le vie della Milano moderna che fanno parte della Cerchia dei Navigli stradale sono: via Giosuè Carducci via Edmondo De Amicis via Molino delle Armi via Santa Sofia via Francesco Sforza via Uberto Visconti di Modrone via San Damiano via Senato via Fatebenefratelli via Pontaccio via Tivoli piazza Castello La facoltà di architettura del Politecnico di Milano ha condotto, dal 2008 al 2010, degli studi relativi alla possibilità di ripristinare la Cerchia dei Navigli e dei canali connessi. Il professore Roberto Biscardini e l'architetto Andrea Cassone hanno riportato questi studi nella pubblicazione "Riaprire i Navigli si può", edito dalla casa editrice Biblion Edizioni, Milano, 2012. Il progetto si pone l'obiettivo di riaprire la Cerchia dei Navigli e dei canali connessi, ripristinando l'antica connessione tra il Naviglio della Martesana, da Cassina de' Pomm, nel punto in cui questo canale oggi si infossa sotto via Melchiorre Gioia, e il Naviglio Vallone, che sfocerebbe nuovamente nella Darsena di Porta Ticinese. Questo progetto prevede la realizzazione di un nuovo canale, lungo via Melchiorre Gioia e lungo l'anello stradale della Cerchia dei Navigli, di otto chilometri da realizzare prevalentemente in corrispondenza dell'antico alveo, per garantire il ripristino della continuità idraulica della rete dei Navigli milanesi. L'idea generale del progetto è stata proposta al pubblico per la prima volta nella sua complessità in coincidenza con la presentazione del volume "Riaprire il Naviglio si può" il 15 marzo 2012 a Milano alla presenza dell'allora sindaco Giuliano Pisapia. Il progetto è stato ulteriormente illustrato in molti incontri pubblici e in particolare durante una serie di convegni che si sono tenuti il 20 ottobre 2012 al Teatro Puccini di Milano con il titolo "Riaprire i Navigli. Un grande progetto per Milano, la Lombardia e i suoi paesaggi”, il 15 giugno 2013 presso la sala Alessi di Palazzo Marino con il titolo “Rifacciamo Milano con l'acqua” e l'8 febbraio 2014 a Palazzo Morando nell'ambito della mostra di Arnaldo Chierichetti con il titolo: "L'immagine dei Navigli tra passato e futuro". Secondo lo studio di Biscardini e Cassone il Naviglio della Martesana da Cassina de' Pomm dovrebbe proseguire lungo via Melchiorre Gioia, attraversare i Bastioni di Porta Volta e proseguire verso le vie San Marco, Fatebenefratelli, Senato, San Damiano, Visconti di Modrone, Francesco Sforza, Santa Sofia, Molino delle Armi, Edmondo De Amicis, Conca del Naviglio fino alla Darsena di Porta Ticinese. Sarebbero salvaguardati gli attuali attraversamenti stradali veicolari ed altri pedonali potrebbero essere realizzati. A intervalli di tempo regolari si riparla di una possibile riapertura concreta dei Navigli: l'ultima proposta è avvenuta in occasione dei preparativi per l'Expo 2015, che è stato ospitato da Milano. Per quanto riguarda la riapertura della Cerchia dei Navigli e dei canali collegati, il 12 e il 13 giugno 2011 i milanesi sono stati chiamati alle urne per un referendum consultivo, svoltosi contestualmente ad altri quattro referendum consultivi comunali e ai quattro referendum abrogativi nazionali: il responso delle urne è stato, per il referendum sul ripristino dei Navigli, nettamente favorevole alla loro riapertura, con una percentuale del 94,32%. Il 5 ottobre 2017 il consiglio comunale di Milano ha deliberato l'organizzazione di un nuovo referendum consultivo sulla riapertura della Cerchia dei Navigli e dei canali connessi da tenere insieme alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 ma il governo non lo ha autorizzato in quella data e quindi il consiglio comunale, per non incorrere in notevoli spese, ha deciso di sostituirlo con una consultazione pubblica su un progetto preliminare di apertura di una parte del tracciato, costituita da 5 tratte per un importo stimato di 150 milioni di euro, rimandando il resto della apertura a una fase successiva per ulteriori 350 milioni circa.. Le 5 tratte, lunghe complessivamente 2 km sui 7,7 complessivi, sono: A via Melchiorre Gioia da Cascina de' Pomm a via Carissimi (850 m) B Conca dell'Incoronata (230 m) C via Francesco Sforza (410 m) D piazza Vetra e via Molino delle Armi (300 m) E Conca di Viarenna (260 m). Saranno collegate da un tubo sotterraneo per portare l'acqua alle varie tratte. La consultazione si è svolta tra giugno e settembre 2018 sul progetto di fattibilità tecnico ed economica inerente alla “Connessione idraulica Naviglio Martesana – Darsena e la riapertura di cinque tratti dei Navigli Milanesi”, elaborato da MM Spa nel novembre 2017. Il cronoprogramma prevede di appaltare l'opera nel 2019 e iniziare i lavori nel 2020. L'opera dovrebbe essere inserita nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche del Comune di Milano allegato al bilancio preventivo del 2019 che il consiglio comunale deve approvare entro il marzo 2019. Bonvesin de la Riva, De Magnalibus Mediolani, Milano, 1288 - Pontiggia, ed. Bompiani 1974 Enciclopedia Italiana, volume XXII, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1951 Enciclopedia di Milano Franco Maria Ricci Editore, Milano 1997 Vittore Buzzi, Claudio Buzzi, Le vie di Milano Dizionario di toponomastica milanese, Ulrico Hoepli, Milano, 2004 Roberta Cordani (a cura di), Milano, il volto di una città perduta, Edizioni Celip, Milano, 2004 Alice Ingold, Négocier la ville, projet urbain, société et fascisme à Milan, Ecole francaise de Rome, Roma, 2003 Dante Isella, La Milano dei Navigli, passeggiata letteraria, Officina Libraria, Milano, 2017 Circonvallazioni di Milano Idrografia di Milano Mura di Milano Navigli (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Cerchia dei Navigli Alla ricerca dei Navigli scomparsi di Milano, su nuok.it. URL consultato il 7 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2017). La mappa della ex-cerchia dei navigli, su milanoventunesimosecolo.com. Caratteristiche tecniche dei Navigli Lombardi (PDF), su naviglilombardi.it. URL consultato l'11 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2016). Davide Casaroli, I Nuovi Navigli. Cammino tra storia, presente, ed un ipotetico futuro di Milano città d'acqua (PDF), su politesi.polimi.it, Politecnico di Milano. Comune di Milano Progetto Navigli

Darsena (Milano)
Darsena (Milano)

La Darsena è un bacino acqueo artificiale situato a Milano nei pressi di Porta Ticinese che è stato utilizzato per l'ormeggio, il rimessaggio delle imbarcazioni che navigavano i Navigli milanesi. Per tale motivo era lo snodo più importante per il traffico fluviale commerciale della città lombarda. La Darsena di Milano ha come immissario il Naviglio Grande, come emissario il Naviglio Pavese e come scolmatore il Cavo Ticinello. La Darsena misura, da un'estremità all'altra, 750 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza; ha una superficie di 17.500 metri quadrati e una profondità di un metro e mezzo. Originariamente la Darsena di Porta Ticinese serviva come zona di carico e scarico per le merci trasportate dalle imbarcazioni che transitavano per i Navigli milanesi: nel 1953 era al tredicesimo posto nella classifica dei porti nazionali italiani per ricevimento merci e al terzo per tonnellaggio, poi la sua funzione è cambiata, con la trasformazione da scalo merci a sito di interesse turistico. L'ultimo barcone che trasportava merci entrò in Darsena il 30 marzo 1979, ponendo fine alla secolare storia del trasporto commerciale lungo le vie d'acqua milanesi e all'ambiente portuale che vi gravitava intorno. La Darsena fu voluta e realizzata nel 1603, come trasformazione in un vero e proprio porto del preesistente laghetto di Sant'Eustorgio, dal governatore spagnolo Pedro Enríquez de Acevedo conte di Fuentes. La Darsena fu costruita a ridosso delle mura spagnole di Milano, edificate dal 1548 al 1562 e poi demolite all'inizio del XX secolo, assecondandone il perimetro del vertice sudoccidentale, da cui la caratteristica forma allungata e ricurva del bacino acqueo. Un tempo Milano aveva altre due "darsene", il laghetto di San Marco, che è stato interrato tra il 1929 e il 1930 contestualmente agli analoghi lavori di chiusura della Cerchia dei Navigli, e il laghetto di Santo Stefano, che venne interrato nel 1857 per motivi di igiene pubblica. Davanti alle mura romane di Milano tra le moderne via del Bottonuto e via San Clemente si estendeva una banchina portuale affacciata ad un laghetto che consentiva l'attracco di piccole imbarcazioni in corrispondenza della moderna via Larga, lungo la quale scorreva il fiume Seveso. Il laghetto, conosciuto come "porto fluviale romano di Milano", aveva banchine larghe 2,5 metri ed era in grado di far attraccare piccole imbarcazioni. Venne in seguito prosciugato e al suo posto fu realizzata una fossa di scolo delle acque di scarico e dei rifiuti, chiamata butinucum, che diede poi il nome al quartiere Bottonuto. La Darsena è situata nella zona dove prima esisteva il laghetto di Sant'Eustorgio, bacino acqueo artificiale realizzato in epoca medievale (sicuramente prima del 1211) che si trovava all'incirca tra l'omonima basilica e i caselli daziari di piazza XXIV Maggio (che vennero realizzati in seguito), nei pressi di Porta Ticinese (anch'essa realizzata in seguito, nel 1801). La Darsena nacque quindi come ampliamento del laghetto di Sant'Eustorgio: i due specchi d'acqua erano infatti situati all'incirca nello stesso luogo. Come la Darsena, il laghetto di Sant'Eustorgio era collegato al fossato delle mura spagnole di Milano, riceveva le acque del Naviglio Grande e come emissario aveva il Cavo Ticinello, che ancora oggi è lo scolmatore della Darsena. Durante i lavori di riqualificazione della Darsena, che sono stati effettuati in vista dell'Expo 2015, tenutosi a Milano dal 1º maggio al 31 ottobre 2015, sono venuti alla luce i resti del ponte medievale in corrispondenza del quale il Cavo Ticinello usciva dal laghetto di Sant'Eustorgio: questi ritrovamenti archeologici, essendo al livello del moderno piano stradale, sono visibili al pubblico da piazza XXIV Maggio. Un tempo Milano aveva altre due "darsene", il laghetto di San Marco e il laghetto di Santo Stefano. Il primo è stato realizzato nel 1469 per consentire al traffico fluviale proveniente dal Naviglio della Martesana di scaricare le merci evitando di immettersi nella Cerchia dei Navigli, percorso aggiuntivo che era necessario a quelle imbarcazioni provenienti da nord che volevano giungere al laghetto di Sant'Eustorgio. Il laghetto di San Marco fu interrato tra il 1929 e il 1930 contestualmente agli analoghi lavori di chiusura della Cerchia dei Navigli. Il laghetto di Santo Stefano era un piccolo bacino d'approdo, entrato in funzione nel 1391 a servizio dei barconi che trasportavano il marmo di Candoglia per il cantiere del Duomo di Milano. Queste imbarcazioni, che provenivano dal Lago Maggiore, dove si trovavano le cave di questo materiale da costruzione, imboccavano poi il fiume Ticino, il Naviglio Grande, il laghetto di Sant'Eustorgio, il Naviglio Vallone, la Cerchia dei Navigli e infine attraccavano al laghetto di Santo Stefano, che si trovava nei pressi del cantiere del Duomo. Il laghetto venne interrato nel 1857 per motivi di igiene pubblica. Le sue acque stagnanti portavano infatti cattivi odori e zanzare intorno all'Ospedale Maggiore di Milano, che sorgeva proprio al suo fianco. Le imbarcazioni destinate al cantiere del Duomo, a differenza di tutte le altre che percorrevano i Navigli milanesi, riportavano la scritta Auf (lat. Ad usum fabricae, ovvero "ad uso della fabbrica", cioè destinato alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano), scritta che permetteva l'esenzione dai dazi. Da "AUF" è derivato il modo di dire "a ufo", che significa "gratis", "senza pagare". A una delle estremità della Conca di Viarenna è stata ricollocata un'edicola, originariamente situata su uno dei suoi lati, che riporta il decreto ducale del 1497 inciso su una lapide di marmo di Candoglia che esentava dal pedaggio e dal dazio, con la formula Auf, i barconi destinati al trasporto dei materiali per la costruzione del Duomo. Il laghetto di Sant'Eustorgio, che era più antico di quello di Santo Stefano, venne costruito prima del 1211, anno dopo il quale iniziò ad accogliere le acque del Naviglio Grande, che proprio nel 1211 fu completato con il suo prolungamento fino a Milano. Per tale motivo il laghetto di Sant'Eustorgio era anche chiamato laghetto vecchio, mentre laghetto di Santo Stefano era denominato anche laghetto nuovo. In origine il laghetto di Sant'Eustorgio riceveva le acque della Vettabbia, poi quest'ultima diventò la destinazione finale del Cavo Ticinello, ovvero dello scolmatore del laghetto di Sant'Eustorgio e, in seguito, della Darsena. La Darsena fu voluta e realizzata nel 1603, come trasformazione in un vero e proprio porto del laghetto di Sant'Eustorgio, dal governatore spagnolo Pedro Enríquez de Acevedo conte di Fuentes. Era addossata alle mura spagnole di Milano, costruite dal 1548 al 1562 per sostituire le mura medievali di Milano, ormai diventate obsolete per l'invenzione della polvere da sparo, e poi demolite all'inizio del XX secolo. La Darsena ne assecondava il perimetro del vertice sudoccidentale, da cui la caratteristica forma allungata e ricurva del bacino acqueo. Le fondamenta delle mura spagnole sono state rinvenute nel 2015 durante i lavori di ristrutturazione della Darsena, e incorporate nei nuovi argini Al di sotto delle mura spagnole esisteva un varco che consentiva al Naviglio Vallone, canale che ha rappresentato per secoli un altro immissario della Darsena, di sottopassare i muraglioni difensivi. Il Naviglio Vallone proveniva dalla Cerchia dei Navigli: entrambi vennero interrati tra il 1929 e il 1930. Oltre a essere il porto della città, la Darsena era un tempo uno snodo idrico di grande importanza: oltre a captare le acque del Naviglio Grande, riceveva anche quelle dell'Olona e la portata idrica che si immetteva dalla Cerchia dei Navigli tramite il già citato Naviglio Vallone, mentre cedeva le acque alla Vettabbia (grazie al Cavo Ticinello, che correva oltre Porta Ticinese lungo le mura spagnole prima di piegare a sud) e al Naviglio Pavese. L'Olona si immetteva nella Darsena fin dalla sua costruzione, nel 1603, con l'obiettivo di mantenervi costante il livello dell'acqua. Prima di sfociare in Darsena l'Olona scaricava le sue acque nel fossato delle mura medievali di Milano con lo scopo di rifornirlo d'acqua. Prima ancora, il epoca romana, il fiume terminava il suo percorso nel fossato delle mura romane di Milano con il medesimo obiettivo. In origine il fiume, giunto a Lucernate, frazione di Rho, correva lungo il suo alveo naturale verso sud attraversando la moderna Settimo Milanese e passando a diversi chilometri da Milano per poi percorrere l'alveo del moderno Olona inferiore o meridionale e sfociare nel Po a San Zenone. Oltre che per aumentare la portata della Vettabbia, l'Olona fu deviato dagli antichi Romani verso Milano anche per un altro motivo: avere un corso d'acqua che costeggiasse interamente la via Severiana Augusta, antica strada romana che congiungeva Mediolanum (nome latino di Milano) con il Verbannus Lacus (il Lago Verbano, ovvero il Lago Maggiore). Gli antichi Romani reputarono fondamentale avere una via d'acqua che costeggiasse la via Severiana Augusta per dare un cospicuo incremento ai commerci lungo questa strada, soprattutto considerando il maggiore carico trasportabile sui barconi fluviali rispetto al semplice trasporto terrestre. L'opera di deviazione dell'Olona verso Mediolanum venne realizzata in concomitanza alla costruzione della via Severiana Augusta, ovvero nei primi anni dell'Era volgare, cioè tra la fine dell'era repubblicana e i primi decenni dell'età imperiale romana. Parte del tracciato della via Severiana Augusta, che venne utilizzato anche nel Medioevo e nei secoli seguenti, fu poi ripreso da Napoleone Bonaparte per realizzare la strada statale del Sempione. Fino al 1704 l'Olona presentava un solo braccio terminale verso la Darsena, mentre su una mappa del 1722 è riportato che l'Olona si biforcava in due rami pressoché paralleli che si riunivano prima di entrare in Darsena: l'Olona Nuova, cioè quello settentrionale che più tardi si chiamerà roggia Molinara, e l'Olona Vecchia, ovvero quello meridionale. La roggia Molinara fu poi interrata alla fine del XIX secolo prima della canalizzazione del fiume. La presa del Cavo Ticinello esiste ancora oggi nel punto più orientale della Darsena, mentre l'Olona da decenni non vi immette più le sue acque sia per rischio idrogeologico (il suo vecchio alveo coperto da tempo non era più sicuro) sia per scongiurare il pericolo di inquinamento. Come ultimo canale legato alla Darsena fu realizzato il Naviglio Pavese, che venne completato nel 1819 e che da allora è il suo emissario principale. Il Naviglio Pavese fu inaugurato dagli austriaci. Il suo primo tratto venne costruito dal governo spagnolo a partire dall'anno 1600 al 1646, con i lavori che si interruppero più volte, e poi dal governo napoleonico dal 1802 al 1814, che prolungarono l'opera senza però giungere alla conclusione dei lavori. L'ultimo tratto del Naviglio verso Pavia, destinazione finale del canale, fu completato dagli austriaci, che inaugurarono la via d'acqua nel 1819. Gli spagnoli, convinti di riuscire a completare il Naviglio in breve tempo, nel 1601 realizzarono un trofeo, ovvero un monumento commemorativo dell'opera, sul ponte da cui iniziava l'erigendo Naviglio Pavese. Gli spagnoli non riuscirono a terminare il Naviglio Pavese ma il trofeo, che prese il nome di Trofeo Fuentes, rimase in quel luogo fino al 1872 dando la denominazione al ponte su cui sorgeva, che è conosciuto ancora oggi con il nome di ponte del Trofeo. Il Trofeo Fuentes prende a sua volta il nome dal conte di Fuentes, il realizzatore della Darsena, che volle questo monumento perché convinto di poter portare a termine anche l'altro suo progetto, quello della costruzione del Naviglio Pavese. Il ponte che si trova invece sul punto di ingresso in Darsena del Naviglio Grande è denominato ponte dello Scodellino perché un tempo, nelle sue vicinanze, era presente un'osteria dove i barcaioli dei comballi solevano ristorarsi con una scodella di minestra. La Darsena misura, da un'estremità all'altra, dopo le modifiche apportate nei secoli, 750 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza; ha una superficie di 17.500 metri quadrati e una profondità di un metro e mezzo. Con la trasformazione del laghetto di Sant'Eustorgio in Darsena, quindi in un porto vero e proprio, l'importanza della zona circostante crebbe consistentemente diventando uno dei punti di riferimento dei milanesi. Molti di essi alla Darsena trovarono un impiego nell'ambiente portuale che si era creato, negli esercizi commerciali che progressivamente nacquero nell'area e nell'attività di pesca, che era fiorente grazie al costante apporto di pesci provenienti dai Navigli milanesi. In questo contesto si insediò, nella futura piazza XXIV Maggio, uno dei mercati più importanti di Milano, tant'è che quest'ultima, un tempo, si chiamava "piazza del Mercato". Il mercato delle bestie da macello e dei cavalli, questo il suo nome, continuò a essere uno dei punti nevralgici del commercio milanese fino al XX secolo. I traffici provenienti da fuori città, compresi quelli destinati al mercato, dovevano pagare un dazio, che era versato ai caselli adiacenti a Porta Ticinese. Di conseguenza si creò anche del malaffare, con gente comune e commercianti che tentavano di introdurre a Milano la merce senza pagare il dazio. Ciò causava la presenza di un cospicuo quantitativo di merce di contrabbando. Le persone che tentavano di frodare le autorità erano conosciute, in dialetto milanese, come sfrosador, da cui "sfroso", termine della lingua italiana che significa "contrabbando". Tutte queste attività illecite avevano base negli edifici situati nei pressi della Darsena, in particolar modo in quelli che sorgevano alla confluenza del Naviglio Grande e all'incile del Naviglio Pavese, che erano fuori dalle mura spagnole, quindi più lontani dal dazio e dai controlli. La strada dove era più comune trovare le attività di contrabbando era via San Gottardo, ovvero la strada esterna alle mura spagnole che era situata in dirimpetto a Porta Ticinese: da essa fluiva infatti tutto il traffico, di persone e merci, che transitava da questa porta di Milano. Nelle zone adiacenti alla Darsena erano comuni i magazzini di stoccaggio delle merci (sia lecite che illecite), le botteghe degli artigiani e le casere, ovvero i locali dove si produceva il formaggio. Tutte queste attività erano sparse nelle corti lombarde a ringhiera della zona, soprattutto fuori dalle mura spagnole. Per secoli cronache, pitture, incisioni, e più tardi la fotografia, hanno raccontato il via vai dei barconi in Darsena, complice il progressivo aumento del traffico fluviale dal XVIII e XIX secolo che rese sempre più importante, sia per Milano che per i porti che con essa commerciavano, la Darsena di Porta Ticinese. Per i tempi più antichi non abbiamo però statistiche precise sui movimenti dei natanti, sulla qualità e quantità delle merci in entrata e in uscita dalla Darsena. Solo nel XIX secolo si cominciarono a pubblicare dati precisi sui movimenti portuali: si sa che attorno alla metà del XIX secolo i natanti che entravano e uscivano dalla Darsena erano più di ottomila all'anno, di cui circa duemila provenienti dal Naviglio Pavese (1.903 imbarcazioni nel 1842 e 2.163 nel 1843). La Darsena convogliava merci da tutto il bacino del Po e, via Venezia, dall'oltremare. Nel complesso il traffico annuo medio che è passato dalla Darsena nel XIX secolo è stato pari a circa 350.000 tonnellate di merci scambiate. Degna di nota, alla fine del XIX secolo, fu la fondazione di due società sportive dedite al canottaggio che esistono ancora oggi: la Canottieri Milano e la Canottieri Olona. Entrambe avevano originariamente sede nei pressi della Darsena: la Canottieri Olona nell'adiacente piazza XXIV Maggio, mentre la Canottieri Milano in corrispondenza della foce dell'Olona in Darsena. Le fortune della Darsena continuarono anche nel XX secolo: le sponde dei Navigli si industrializzarono, e gli stabilimenti sorti nei loro pressi si approvvigionavano di materie prime e spedivano i loro manufatti attraverso le vie d'acqua lombarde, di cui la Darsena rappresentava il più rilevante porto di attracco. Tra le più importanti aziende che sfruttavano i Navigli per i loro commerci ci furono la Richard-Ginori, le Cartiere Burgo di Corsico, la Molini Certosa e le Cartiere Binda sul Naviglio Pavese. Le Cartiere Burgo spedivano, dallo stabilimento di Corsico, le grandi bobine di carta per la stampa del Corriere della Sera al laghetto di San Marco: ciò fu possibile fino al suo interramento che avvenne, come già accennato, tra il 1929 e il 1930 (proprio un barcone che trasportava carta per il Corriere della Sera fu l'ultimo ad approdare a San Marco). Come conseguenza all'industrializzazione, il traffico fluviale lungo i Navigli milanesi aumentò considerevolmente. La Darsena, in particolare, accrebbe la sua importanza fino a diventare, all'inizio del XX secolo, il terzo porto italiano per merci transitate. Le merci che passavano dalla Darsena erano pietre per edilizia, sabbia, ghiaia, legname ecc., nonché prodotti agricoli e industriali. Anche l'ambiente che si era creato da secoli intorno alla Darsena, piuttosto chiassoso per il via vai di merci e persone, e odoroso per il cibo venduto per strada e per il fetore che a volte l'acqua del bacino artificiale emanava a causa degli scarichi, non ha aveva nulla di diverso rispetto a quello degli altri porti italiani. Molti milanesi e numerosi forestieri lavoravano in Darsena. I sostrari (ovvero i proprietari dei magazzini che si trovavano nei pressi della Darsena), i barcaioli, i facchini e i carrettieri che avevano trovato un impiego in Darsena, oppure in una delle attività che gravitava attorno ad essa, dimoravano perlopiù nelle case situate nei quartiere adiacenti al porto, spesso in piccoli locali che si trovavano nelle case di ringhiera della zona. Era in particolare la categoria dei facchini quella storicamente più radicata. Tradizionalmente erano originari della Valle di Blenio, nel Canton Ticino, e la loro presenza è attestata a Milano sin dal XVI secolo, quando in luogo della Darsena era presente il laghetto di Sant'Eustorgio. Originariamente le loro abitazioni erano concentrate in via Manzoni, poi si accentrarono in via della Palla. Nel 1919, nell'ambito della complessa revisione idrofognaria di Milano, si iniziarono a costruire i canali dell'attuale percorso dell'Olona, che prevedeva la deviazione di parte delle sue acque nel Lambro Meridionale passando per la circonvallazione esterna. Fu però mantenuta la diramazione che sfociava nella Darsena. La deviazione verso quest'ultima avveniva in piazza Tripoli: qui c'era una chiusa che deviava il fiume per via Roncaglia, dando inizio a quello che fu chiamato il ramo Darsena. Nei due periodi di asciutta annuale dei Navigli, la chiusa era manovrata in modo tale da chiudere completamente il ramo Darsena facendo sfociare l'intera portata delle acque dell'Olona nel Lambro Meridionale. Il nuovo percorso canalizzato dell'Olona, che pure era previsto dal Piano Beruto del 1884, non entrò in funzione se non agli inizi degli anni trenta del XX secolo. Con il passare degli anni, e con l'aumentare dell'inquinamento del fiume, la chiusa di piazza Tripoli non venne manovrata soltanto per deviare il flusso delle acque durante le asciutte dei Navigli: dapprima ridusse notevolmente la portata del ramo Darsena e, alla fine degli anni ottanta del XX secolo, l'azzerò per "rischio idrogeologico e pericolo di inquinamento" della Darsena e delle acque che ne uscivano a scopo irriguo o di navigazione. Con la demolizione delle mura spagnole di Milano, che avvenne negli anni trenta del XX secolo, la Darsena fu ampliata verso nord. La Darsena fu fondamentale per la cospicua crescita economica che conobbe Milano negli anni precedenti alla prima guerra mondiale e nei decenni successivi alla fine dell'ostilità. Nel 1936, a dispetto del già avvenuto interramento della Cerchia dei Navigli, che limitò il traffico fluviale all'interno dei Navigli milanesi, il numero di barconi che transitavano nella Darsena era pari a circa 70 al giorno. Questi numeri facevano superare alla Darsena scali come il porto di Bari, il porto di Brindisi e il porto di Messina. A differenza delle imbarcazioni che solcavano i mari degli altri porti italiani, i barconi che transitavano nella Darsena avevano dimensioni minori, data la più bassa profondità dei Navigli milanesi, che limitava il pescaggio dei natanti. Quando, nei primi decenni XX secolo, si cominciò a parlare di interrare la Cerchia dei Navigli, ovvero la cosiddetta fossa interna, anche i più convinti sostenitori della navigazione sui canali interni si trovarono in difficoltà: infatti, i mancati ammodernamenti dell'ultimo secolo avevano reso il sistema navigabile ormai obsoleto, con canali stretti e inadatti alla navigazione a motore; vi erano difficoltà nel movimentare le merci e il collegamento con il Po era reso complicato e macchinoso dalle dodici conche da superare lungo il Naviglio Pavese. Il Genio Civile presentò, nel 1907, un progetto che prevedeva la realizzazione di un nuovo porto che sostituisse la Darsena a Rogoredo, a sud di Porta Romana, punto naturale di convergenza delle acque che colano dalla città, che sarebbe stato collegato a un nuovo canale che avrebbe attraversato la Lombardia, il canale Milano-Cremona-Po; il progetto fu approvato nel 1917, l'anno dopo si costituì l'azienda portuale e in quello successivo cominciarono i lavori con lo scavo del bacino portuale, che fu chiamato Porto di Mare, e dei canali verso Cremona per 20 chilometri circa. Nel 1922 i lavori a Rogoredo furono sospesi, e mai più ripresi, perché l'acqua di falda aveva riempito naturalmente lo scavo e i pescatori se ne erano appropriati. A Rogoredo, in luogo dell'area portuale, è sorto poi un quartiere di Milano, "Porto di Mare". Il progetto del canale Milano-Cremona-Po non è stato abbandonato dalla regione Lombardia, tant'è che periodicamente ci sono proposte per riprendere i lavori e completare l'opera, che è stata in parte realizzata per 16 chilometri su un totale di 65, durante gli anni settanta del XX secolo, dal Po a Pizzighettone. Negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale, e durante il conflitto, i Navigli, soprattutto quello Grande, registrarono un ulteriore incremento dei traffici. Fino al 1941 furono l'autarchia e la penuria di carburanti a spostare parte del traffico stradale sui Navigli, poi fu l'aviazione degli Alleati della seconda guerra mondiale a spingere ulteriormente il trasporto delle merci verso i fiumi e i canali per via dei bombardamenti strategici operati sulle vie di comunicazione terrestri. Ciò portò la Darsena, durante la seconda guerra mondiale, ad arrivare a un traffico annuo di 500.000 tonnellate di merci scambiate. Anche gli anni che seguirono la fine del conflitto videro i Navigli funzionare con grande vitalità: nel 1953 la Darsena di Porta Ticinese fu al tredicesimo posto nella classifica dei porti nazionali per ricevimento merci e al terzo per tonnellaggio. È un dato che va comunque interpretato: furono gli anni della frenetica ricostruzione postbellica e i barconi trasportavano soprattutto sabbia, fondamentale nell'edilizia, che aveva un cospicuo peso sul tonnellaggio sbarcato in Darsena. Fu costruita una lunga sequela di silo per la sabbia, che era scaricata da gru a benna direttamente sulla sponda della Darsena su dune che si alzavano fino ai secondi piani delle case che le fronteggiavano sull'altro lato della strada: erano i "sabbioni", che diventarono un luogo e un aspetto caratteristico della città. All'estremità nordorientale della Darsena era presente una grande spianata dove si incolonnano gli autocarri in attesa, e non era raro scorgervi in sosta automobili con targa "MM" (Marina Militare). Nel vecchio casello di Porta Genova, che oggi ospita un ristorante, aveva sede un ufficio della Marina Militare con funzioni di sorveglianza e capitaneria di porto. Con il passare dei decenni il traffico fluviale nei Navigli milanesi diminuì costantemente. La causa principale fu la progressiva costruzione della rete stradale italiana, da cui conseguì la convenienza, sia economica che relativa ai tempi di consegna delle merci, del trasporto su gomma e su ferrovia rispetto a quello fluviale. Questa tendenza portò all'arresto definitivo del trasporto fluviale lungo i Navigli milanesi: l'ultimo barcone, che nell'occasione trasportava 120 tonnellate di sabbia (equivalente a 20 autocarri), entrò in Darsena venerdì 30 marzo 1979 alle ore 14, ponendo termine alla secolare storia del trasporto merci lungo le vie d'acqua milanesi. Questo barcone aveva lo scafo metallico, era lungo 38 metri e largo cinque, portava la matricola 6L-6043 ed era partito alle 6 del mattino da Castelletto di Cuggiono per poi percorrere il Naviglio Grande fino alla Darsena. Con la fine del traffico fluviale lungo i Navigli lombardi, scomparve anche l'ambiente portuale che caratterizzò per secoli questa zona di Milano. La Darsena si è poi trasformata in luogo di interesse turistico. Nel settembre 2004 il comune di Milano ha concesso l'area della Darsena (l'intera porzione a ovest del Naviglio Grande) a un'impresa che avrebbe dovuto realizzare nei suoi pressi un garage-parcheggio sotterraneo. All'inizio degli scavi sono emersi reperti che hanno richiesto l'intervento della soprintendenza e l'arresto dei lavori: si tratta delle fondazioni delle mura spagnole di Milano e di una piattaforma lignea che è stata attribuita alla pavimentazione dell'originale Conca di Viarenna, quella realizzata nel 1438, successivamente demolita durante i lavori di costruzione delle mura spagnole e infine ricostruita tra il 1551 e il 1558. In mancanza di idonee tecniche di recupero e di notizie più precise, i reperti sono stati reinterrati nelle condizioni di ritrovamento a scopo conservativo e il comune di Milano ha annullato la delibera relativa alla costruzione del parcheggio: dopo una complessa causa è rientrato in possesso dell'area nell'aprile 2010. Questi rinvenimenti all'interno del perimetro della Darsena hanno messo parzialmente in discussione le modalità con cui il conte di Fuentes fece realizzare il bacino acqueo. A maggio 2011, a cantieri chiusi, è stata sistemata la parte nordoccidentale con il vecchio sbocco dell'Olona e la zona della direzione portuale, poi è stato innalzato un terrapieno che isolava questo bacino dal resto della Darsena tagliandola da sponda a sponda; una tubazione riversava le acque dell'eventuale troppo pieno. Il terrapieno era percorso da una strada pedonale che proseguiva sulla sponda meridionale fino all'ingresso del Naviglio Grande. Cieca per il resto, era collegata con il piano stradale da una vecchia scala di servizio. Tutta la sponda opposta, quella settentrionale lungo viale Gabriele D'Annunzio, era rimasta cintata e inaccessibile: qui sono state portate alla luce le fondazioni delle mura spagnole (gli ex Bastioni) con il varco grazie al quale il Naviglio Vallone le sottopassava (varco chiamato, in dialetto milanese, Tombon de Viarenna) consentendo ai natanti di raggiungere la Cerchia dei Navigli, mentre furono reinterrati, come già accennato, i reperti lignei. Il tutto era coperto dalle banchine dove, dai barconi, veniva scaricata la sabbia. Il 26 aprile 2015 la Darsena è stata riaperta al pubblico dopo importanti lavori di ristrutturazione che sono durati diciotto mesi. I lavori hanno coinvolto il bacino d'acqua e le sue sponde, con il ripristino dei dispositivi di attracco e di ormeggio. Questa ristrutturazione è stata realizzata in vista dell'Expo 2015, che si è tenuto a Milano dal 1º maggio al 31 ottobre 2015. Contestualmente, sono state fatte modifiche alla viabilità intorno alla Darsena: la strada che scorre lungo la sua sponda meridionale è stata limitata a tram e pedoni. Anche la vicina piazza XXIV Maggio è stata coinvolta in questo progetto di rifacimento dell'arredo urbano, visto che è stato esteso lo spazio pedonale verso il nuovo mercato comunale coperto: quest'ultimo, in particolare, è situato nei pressi del luogo dove un tempo era presente il già citato mercato delle bestie da macello e dei cavalli. La Darsena moderna ha come immissario il Naviglio Grande, come emissario il Naviglio Pavese e come scolmatore il Cavo Ticinello. Quest'ultimo percorre il suo alveo sotto il manto stradale di piazza XXIV Maggio per poi confluire più a est nella Vettabbia. Autori vari, Di città in città – Insediamenti, strade e vie d'acqua da Milano alla Svizzera lungo la Mediolanum-Verbannus, Soprintendenza Archeologia della Lombardia, 2014. URL consultato il 16 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2017). Carlo Cattaneo, Notizie naturali e civili su la Lombardia, coi tipi di Giuseppe Bernardoni di Giovanni, Milano, 1844, ISBN non esistente. Giorgio D'Ilario, Egidio Gianazza, Augusto Marinoni, Marco Turri, Profilo storico della città di Legnano, Edizioni Landoni, 1984, SBN IT\ICCU\RAV\0221175. Gabriella Ferrarini, Marco Stadiotti, Legnano. Una città, la sua storia, la sua anima, Telesio editore, 2001, SBN IT\ICCU\RMR\0096536. Navigli (Milano) Laghetto di San Marco Laghetto di Santo Stefano Porto di Mare Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Darsena di Milano La Darsena, su vecchiamilano.wordpress.com. Darsena, su turismo.milano.it. Darsena, viaggio nel tempo alla riscoperta del porto di Milano, su navigli24.it. URL consultato il 13 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2017). La Darsena, su milanoneltempo.it. La Darsena di Milano: com'era la vita intorno ai Navigli, su milanoalquadrato.com. URL consultato il 20 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2017). Davide Casaroli, I Nuovi Navigli. Cammino tra storia, presente, ed un ipotetico futuro di Milano città d'acqua (PDF), su politesi.polimi.it, Politecnico di Milano.