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Palazzo di Marcantonio Sauli

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Il palazzo Marcantonio Sauli è un edificio sito in via San Bernardo al civico 19 nel centro storico di Genova. L'edificio fu inserito nella lista dei palazzi iscritti ai Rolli di Genova.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palazzo di Marcantonio Sauli (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Palazzo di Marcantonio Sauli
Via di San Bernardo, Genova Molo

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N 44.406161 ° E 8.930008 °
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Palazzo di Marcantonio Sauli

Via di San Bernardo
16123 Genova, Molo
Liguria, Italia
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Luoghi vicini

Torre Embriaci
Torre Embriaci

La Torre dei Castro, erroneamente chiamata Torre degli Embrìaci, è un'antica torre e palazzo del centro storico di Genova, costruita dalla nobile famiglia dei Castro, anche se erroneamente attribuita agli Embriaci. Situata nella zona più antica di Genova, quella dove sorgeva il "Castrum" che diede nome al quartiere di Santa Maria di Castello. Con 41 metri d'altezza è l'unica delle numerosi torri dell'attuale centro storico di Genova ad essere stata risparmiata dall'editto del 1196 che volle il taglio ad 20 metri di tutte le torri cittadine. La costruzione della torre è attribuita dalla storiografia genovese al celebre Guglielmo Embriaco che, assieme alla flotta del fratello Primo de' Castro, si distinse nella conquista cristiana di Gerusalemme del 1099. Recenti studi hanno identificato la vera torre degli Embriaci in Piazza di Santa Maria in Passione e attribuito il palazzo-torre del Castello alla nobile famiglia dei Castro (anche Castello). La costruzione della torre può essere collocata al principio del XII secolo. La massiccia struttura in grossi blocchi di pietra bugnata, alta 41 metri, presenta sottili feritoie nelle cortine murarie per l'illuminazione e alla sommità è coronata da una triplice cornice di archetti pensili sempre più aggettanti. Il motivo degli archetti pensili su mensole in pietra, sormontato dalla cornice a dente di sega, si trovava in quasi tutte le chiese dell'epoca, ma la sua ripetizione in ordini sovrapposti è senza dubbio originale. In modo analogo si coronarono altre torri di cui unico esempio completo, però duecentesco, è nella torre degli Spinola in piazza Caricamento. Potrebbe supporsi che il materiale impiegato provenisse dagli avanzi della prima cerchia di mura (post 864), ormai abbandonata, che correva poco lontano, mentre la tecnica era sempre la medesima usata nell'alto medioevo sul modello di quella tardo-romana. In città altre torri medievali in pietra, ormai mozzate in sommità, si trovano in Via di Canneto il Lungo, Vico Dietro il Coro di San Luca e nelle vicinanze del porto. La Torre dei Castro è infatti una delle poche sopravvissute ad un'ordinanza del 1196 che impose la riduzione dell'altezza di tutte le torri cittadine ed inoltre è una fra le poche, connotate politicamente, risparmiate dai periodici cambi di governo. Infatti, il podestà Drudo Marcellino ordinò che nessuna torre potesse superare l'altezza di 80 palmi (circa 20 metri). Mentre tutte le altre torri (ben 66 in tutta Genova fino al XIII secolo, 33 alla fine del XV secolo) vennero mozzate, una lapide posta alla sua base ricorda che la Torre - alta 165 palmi - fu risparmiata. La torre fu sottoposta nel 1926 ad un restauro integrativo (Orlando Grosso) della parte terminale e che vide l'aggiunta erroneamente della merlatura guelfa. Federico Alizeri asserisce di non sapere se la famiglia costruì la torre per difesa personale o se, semplicemente, fosse congiunta alle mura, servendo da difesa pubblica «certo è ch'ella levasi in alto per 165 palmi […] e da imo a sommo (ch'è cosa mirabile) costrutta di pietre vive e partita d'archetti in più ordini, con magistero sì diligente e sottile, quanto non troveresti per avventura in altro monumento di quell'età». Federico Alizeri narra che, nel 1196 Drudo Marcellino, podestà di Genova, diede ordine che le torri non superassero gli 80 palmi d'altezza e che quelle già esistenti, violanti il suo ordine, venissero ridotte all'altezza decisa. La Torre venne risparmiata secondo Alizeri «o per rispetto all'illustre casato, o per pietà del singolar monumento» (credendo che se trattava dal casato degli Embriaci). Di questo fatto tien conto una lapide murata al fondo nel 1869 per cura della fu nobildonna Ludovica Brignole-Sale […] nella cui proprietà si condusse ultimamente la torre, passata per correr di secoli dagli Castro nei Cattanei, e da questi nei Sale. Il palazzo Giulio Sale, anche conosciuto come palazzo Brignole Sale, è oggi suddiviso in unità abitative al civico numero 5 di piazza Embriaci, era originariamente identificato come domus con torre della famiglia Embriaci, il palazzo venne ceduto ai Cattaneo (1514). Nel 1583 fu acquistato da Giulio Sale che lo ristrutturò due anni dopo, secondo i canoni contemporanei. Dopo il 1607 il palazzo passò a Gio. Francesco Brignole I (Doge di Genova nel 1635 - 1637) che vi apportò le trasformazioni leggibili nella fisionomia attuale. Oltre ad una quadratura esterna, di cui rimangono pochi segni, vi sarebbero ancora affreschi attribuiti a Giovanni Andrea Ansaldo. Nel 1616 si verificò il primo intervento di sopraelevazione, a partire dal 1680 inizia il progressivo declino della costruzione che rimase proprietà dei Brignole Sale fino al 1869, anno in cui passò ai Melzi d'Eril. Del complesso, la cui leggibilità architettonica fu compromessa alla fine del XIX secolo con la suddivisione in unità abitative indipendenti, l'elemento più monumentale rimane la torre Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 66 F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova. Terza giornata, Genova, 1846. Poleggi E., Cevini P., Genova, Laterza Editori, Bari, 1981. AA.VV., Liguria, Guide d'Italia del Touring Club Italiano, Milano, 1982. AA. VV., La scultura a Genova e in Liguria. Dalle origini al Cinquecento, Fratelli Pagano Editori, Genova, 1987. Poleggi E., Genova: una civiltà di palazzi, Silvana Editoriale, Milano, 2002. Guglielmo Embriaco Embriaci Palazzo Giulio Sale Centro storico di Genova Wikiquote contiene citazioni di o su Torre degli Embriaci Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre degli Embriaci

Chiesa di Santa Maria delle Grazie la Nuova
Chiesa di Santa Maria delle Grazie la Nuova

La chiesa di Santa Maria delle Grazie "la Nuova" costituiva, con l'annesso convento delle monache agostiniane, un complesso religioso situato in piazza S. Maria in Passione, nel quartiere genovese del Molo; chiuso all'inizio dell'Ottocento, dopo i restauri terminati nel 2004 ospita il centro studi "Casa Paganini". Il complesso, costruito nel XV secolo, è così denominato per distinguerlo dal vicino santuario di Nostra Signora delle Grazie al Molo. Sulla stessa piazzetta di S. Maria in Passione si trovano i resti della chiesa omonima, quasi completamente distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. La collina di Castello, che vide il primo insediamento urbano intorno alla metà del I millennio a.C. ospitava in epoca medioevale la residenza vescovile e la corte fortificata della potente famiglia feudale degli Embriaci. Tra il XIV e il XV secolo con la decadenza di questa famiglia sul colle si insediarono attività artigianali e commerciali e comunità monastiche. Fu proprio tra la fine del XIV secolo e la prima metà del XV che le canonichesse lateranensi, religiose che seguivano la regola di Sant'Agostino, in gran parte provenienti da famiglie della nobiltà cittadina, acquisirono alcune proprietà su quello che era stato l'insediamento degli Embriaci allo scopo di costruire una chiesa e un convento dedicati alla Madonna delle Grazie. Il complesso, che inglobava i resti di due delle torri degli Embriaci e quelli delle mura preromane, fu costruito nella seconda metà del XV secolo. Nei secoli successivi l'edificio subì numerose modifiche. Particolarmente importante la ristrutturazione iniziata nel 1623, quando le monache, la cui comunità era cresciuta fino a raggiungere il numero di cento religiose, avanzarono una richiesta di fondi al papa Gregorio XV per poter adeguare i locali del convento, segnalando la necessità di ampliare il refettorio, gli spazi di lavoro e la cappella interna ed aumentare il numero delle celle. Altri restauri si resero necessari a seguito dei danni causati dal bombardamento navale francese del 1684. In occasione dell'ampliamento del complesso, nel 1623, le monache fecero costruire, adiacente ad esso, un grande edificio, destinato a scuola per le giovani delle famiglie nobili, che si estende tra salita Mascherona, via Mascherona, vico Alabardieri e vico Vegetti, collegato al convento da un passaggio sopraelevato su via Mascherona; oggi l'edificio, rimaneggiato e sopraelevato, si presenta come un normale caseggiato suddiviso in appartamenti. Il monastero, risparmiato in un primo tempo dalle leggi di soppressione del 1797, venne espropriato nel 1810, quando la ex Repubblica Ligure era stata annessa all'impero napoleonico. Le monache si trasferirono nel vicino complesso di S. Maria in Passione, insieme a quelle provenienti dai monasteri di San Bartolomeo dell'Olivella e Sant'Andrea della Porta, anch'essi soppressi. Gli spazi del convento e l'Educandato furono trasformati in abitazioni, mentre la chiesa, inizialmente utilizzata come caserma, divenne un deposito di legname; trasformata in teatro alla fine dell'Ottocento, fu in seguito tipografia, sala da ballo e palestra, prima di un lungo periodo di abbandono. Il complesso, in grave stato di degrado, fu acquistato nel 1987 dall'Università di Genova, e grazie ad un accordo siglato nel 2001 tra la stessa università, la regione Liguria, il comune di Genova e il Ministero per i beni e le attività culturali, fu completamente restaurato tra il 2003 e il 2004. Al termine dei restauri il monastero è stato in parte destinato all'edilizia universitaria, mentre la zona monumentale, comprendente l'ex chiesa, il coro delle monache e gli spazi adiacenti è sede del centro di ricerca Casa Paganini - InfoMus dell'Università di Genova, su scienza e tecnologia per le arti performative (musica, danza), per la cultura (fruizione attiva di contenuti museali), sistemi interattivi multimediali per terapia e riabilitazione. Nel corso dell'intervento di recupero sono state portate alla luce importanti testimonianze degli insediamenti urbani sulla collina di Castello a partire dal V secolo a.C. fino al Medioevo ed approfondite le conoscenze sulla storia e le tecniche costruttive del complesso, dalla costruzione quattrocentesca, che ha inglobato preesistenti strutture medioevali, alla ristrutturazione seicentesca, fino ai restauri successivi al bombardamento del 1684. I restauri hanno anche recuperato gli affreschi di scuola genovese del XVII secolo, opera di Giovanni Carlone, Bernardo Castello e Giacomo Antonio Boni. Le indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria hanno confermato l'importanza del sito, già attestata dai primi interventi condotti da Nino Lamboglia nel 1952 e proseguiti negli anni sessanta, che avevano messo in luce i resti dell'oppidum preromano. Sotto alla chiesa di Santa Maria delle Grazie è stato rilevato, inglobato nelle fondamenta, un poderoso tratto di muro, dello spessore di 1,80 m, che faceva parte della cortina muraria che cingeva il primitivo abitato, databile tra la fine del VI e la prima metà del V secolo a.C. Questi reperti, situati ad un livello inferiore rispetto alla chiesa, sono visibili in una sala sotterranea, appositamente creata sotto al pavimento dell'attuale auditorium. Di notevole interesse anche i resti riconducibili al periodo medioevale, quando la collina, dopo secoli di abbandono, era divenuta sede del castello fortificato vescovile che le ha dato il nome. Sull'area dove sarebbe poi sorto il monastero, nel XII secolo aveva la sua roccaforte la potente famiglia feudale degli Embriaci, con la sua curia in corrispondenza della piazza di S. Maria in Passione. Nel complesso di S. Maria delle Grazie è inglobata una delle torri che svettavano sull'insediamento degli Embriaci, simile per struttura e tecnica costruttiva a quella ancora esistente, situata poco distante, accanto alla chiesa di Santa Maria di Castello. La torre, datata alla prima metà del XII secolo, ha pianta quadrangolare ed è costruita a conci di pietra squadrati con muri dello spessore di circa 2 metri. Le fondazioni di un'altra torre, di cui sono visibili alcuni conci a bugnato, sono inglobate nell'angolo sud ovest della chiesa, alla base dell'archivolto che dà accesso alla piazza S. Maria in Passione. Dagli scavi sono emersi anche resti di stoviglie di notevole raffinatezza per l'epoca, databili tra l'XI e il XIII secolo, che appartenevano alla dotazione della cucina e della mensa dell'insediamento degli Embriaci. La parte monumentale del complesso ospita dal 2005 il centro di ricerca Casa Paganini - InfoMus dell'Università di Genova ed è aperta a visite da parte del pubblico in giorni specificati nello stesso sito. Si tratta di un esempio suggestivo e culturalmente interessante di riutilizzo di siti monumentali. La chiesa è completamente integrata nel complesso monastico, con l'ingresso su piazza di S. Maria in Passione. Oggi l'ingresso è attraverso un locale posto alla sinistra di quello della chiesa; questo locale, che probabilmente ospitava la tomba della venerabile Battistina Vernazza, era in origine la prima cappella di sinistra della chiesa, ed è decorato con raffinati stucchi settecenteschi. Nella volta un affresco di Giacomo Antonio Boni, ritenuto raffigurare S. Antonio da Padova che ha la visione del Bambino Gesù, anche se l'abito da gesuita del santo fa oggi propendere gli studiosi per S. Luigi Gonzaga o S. Stanislao Kostka. La decorazione si completa con due ovali a stucco con figure femminili, probabilmente Caterina Fieschi e Battistina Vernazza. Da questa cappella un arcone vetrato sulla destra dà accesso alla prima campata della chiesa. La chiesa, sala principale per esperimenti scientifici condotti dal centro di ricerca Casa Paganini - InfoMus, è anche utilizzata per eventi pubblici in sintonia con la missione del centro. Essa conserva, nonostante i vari interventi succedutisi nel tempo, la struttura dell'originario edificio quattrocentesco, a navata unica con il coro delle monache sovrapposto alla prima campata, caratteristiche tipiche delle chiese degli ordini monastici femminili. Con il restauro del 2004 sono stati recuperati gli affreschi sulla volta e sulle pareti della chiesa, degradati dal tempo e dall'incuria da parte dei diversi utilizzatori dei locali. Il restauro è stato eseguito senza operare integrazioni ma lasciando in evidenza le lacune dei dipinti, colorate con intonaco a colori tenui monocromatici. Nella volta sottostante al coro delle monache è un affresco di Giovanni Andrea Carlone raffigurante il Trionfo di S. Agostino sull’Eresia. Dello stesso G.A. Carlone sono quelli nella volta della campata centrale (Incoronazione della Vergine) e alle pareti (Morte della Vergine).. Una ricca decorazione a stucco, attribuita a Taddeo Carlone, orna l'arcone di accesso, la volta e le pareti del presbiterio. La decorazione di queste ultime è formata da una serie di bassorilievi con episodi del Vangelo, solo in parte ancora leggibili. La volta e le pareti del presbiterio sono decorate con un ciclo di affreschi di Bernardo Castello raffiguranti episodi della vita della Vergine, volti a celebrare il ruolo di Maria come corredentrice, come sottolineato dal Concilio di Trento. Sulla parete di fondo, piccoli affreschi di Valerio Castello raffiguranti Angeli con cartigli e simboli vescovili. Nulla rimane invece dei dipinti attestati dalle fonti storiche prima della chiusura del complesso. La tela che si trovava sullo scomparso altare maggiore, raffigurante l'Annunciazione, opera di Giovanni Battista Paggi, è oggi conservata in una collezione privata, mentre il Cristo crocifisso e la Maddalena di Luciano Borzone, che era su uno degli altari laterali, e il dipinto raffigurante L'Angelo custode che indica l'immagine della Vergine dipinta da san Luca, di Giovanni Andrea Ansaldo, che era nella cappella da cui si accede alla chiesa, si trovano nella chiesa di San Rocco sopra Principe; una pala d'altare raffigurante l'Immacolata, opera giovanile di Bernardo Castello, è conservata nella chiesa di S. Maria della Vittoria di via S. Bartolomeo del Fossato, nel quartiere di San Teodoro. Accanto alla chiesa vera e propria si trova la chiesa interna, destinata all'uso esclusivo delle monache, realizzata con la ristrutturazione seicentesca, oggi adibita a foyer dell'auditorium. Al piano superiore si trovano altri ambienti, come la grande sala con soffitto ligneo, che aveva in origine un intonaco a bande bianche e nere, a cui nella ristrutturazione seicentesca è stata sovrapposta una decorazione con finte lesene alternate da raffigurazioni di vedute marine, paesaggi di campagna e composizioni floreali. Queste decorazioni profane, che si ritrovano in ambienti non strettamente collegati al culto, sono coerenti con il gusto artistico del tempo e riflettono il solido legame che univa le religiose alle famiglie aristocratiche di provenienza. Dal piano superiore si accede al coro delle monache, affacciato sull'interno della chiesa, che ospita le tecnologie di Casa Paganini - InfoMus per gli esperimenti scientifici condotti nella chiesa. Un'iscrizione sulla controfacciata riporta che fu realizzato nel 1584 e rifatto nel 1686 poiché gravemente danneggiato dal bombardamento francese del 1684. Gli affreschi alle pareti e sulla volta, raffiguranti Angeli con simboli lauretani e Immacolata Concezione, un tempo ritenuti anch'essi opera di G.A. Carlone, sono stati recentemente attribuiti da G. Bozzo a Giovanni Battista Resoaggi (1662-1732). Battistina Vernazza (1497-1587), monaca agostiniana, figlia di Ettore Vernazza, fondatore dell'Ospedale degli Incurabili; trascorse tutta la vita nel monastero di S. Maria delle Grazie in cui entrò giovanissima. Fu maestra delle novizie e per due volte badessa, dal 1547 al 1553 e dal 1577 al 1581; è nota anche per i suoi scritti letterari e spirituali. La sua causa di beatificazione iniziò nel 1639, ma non venne mai portata a compimento. Le sue spoglie con la chiusura del convento vennero trasferite in S. Maria in Passione ed infine dal 1970 nella chiesa della Santissima Annunziata di Portoria, accanto a quelle di S. Caterina Fieschi. Guida d’Italia - Liguria, Milano, TCI, 2009. Genova Molo (Genova) Chiesa di Santa Maria in Passione Casa di Niccolò Paganini Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su ex chiesa di Santa Maria delle Grazie la Nuova Il centro di ricerca Casa Paganini - InfoMus, su casapaganini.org.

Chiesa di Santa Maria in Passione
Chiesa di Santa Maria in Passione

La chiesa di Santa Maria in Passione è stato un edificio religioso del centro storico di Genova, situata nell'omonima piazza sulla collina di Castello, nel quartiere del Molo. Chiuso nell'Ottocento per le leggi di soppressione degli ordini religiosi emanate dal governo sabaudo, il complesso comprendente la chiesa fu dapprima trasformato in caserma e infine divenne sede dell'O.N.M.I., prima di venire quasi completamente distrutto durante la seconda guerra mondiale. Dal 5 ottobre 2014 è aperta al pubblico La Libera Collina di Castello, un nuovo Parco culturale urbano nel sito archeologico di Santa Maria in Passione. Uno spazio culturale, luogo d'incontro e autoformazione: dove studenti, abitanti e persone operanti nel mondo dell'artigianato, della cultura e dell'arte possono sviluppare il proprio lavoro e condividerlo con la città. Tante storie diverse che si raccontano, un percorso di cura attiva del bene nella forma dell'autogoverno e dell'autonomia. Sarebbe attestata al 1323 l'esistenza di una prima comunità religiosa delle monache agostiniane della Madonna della Pietà, poi di Santa Maria di Misericordia detta in Passione, che probabilmente fino al 1407 aveva sede in un altro edificio conventuale della zona. Nella prima metà del Quattrocento è attestato lo spostamento dell'ordine monastico presso la chiesa di San Silvestro, costruita nel XII secolo e andata completamente distrutta dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, che faceva parte della residenza medioevale dell'arcivescovo genovese e che dal 1449 ospitava un monastero delle Domenicane di Pisa. Da allora le monache della Madonna della Pietà vennero chiamate anche "Povere di San Silvestro". E proprio per esigenze di spazi, dovute alla presenza nello stesso monastero di due diverse comunità di suore, le monache di Santa Maria in Passione avviarono la costruzione di una nuova sede conventuale con una propria chiesa (una capella con campana et altare) accanto a quella di San Silvestro; il nuovo complesso, realizzato su una già esistente casa degli Embriaci risalente al XIII secolo, fu iniziato nel 1457 e completato nel 1462. L'anno seguente papa Pio II, su richiesta delle stesse monache, proclamò formalmente la loro appartenenza alla regola agostiniana. Intorno alla metà del XVI secolo, con il crescere della comunità delle monache di Santa Maria in Passione, che negli anni precedenti avevano accolto altre congregazioni minori, si rese necessario un ampliamento del complesso. La chiesa, completamente ricostruita, venne consacrata, in un anno non precisato tra il 1553 e il 1559, dal vescovo Egidio Falcetta. Nel 1582 è accertata la visita da parte del visitatore apostolico Francesco Bossi. Verso la metà del XVII secolo gli interni della chiesa subirono un "aggiornamento architettonico" in stile barocco e con nuove modifiche strutturali: le crociere vennero trasformate in volte a vela, furono eliminati i costoloni e arrotondati gli angoli e gli archi acuti. Anche le decorazioni pittoriche conobbero una nuova fase con la realizzazione di affreschi e dipinti da parte dei più importanti esponenti della pittura barocca genovese, tra i quali Valerio Castello, Domenico Piola (chiamato a collaborare dallo stesso Valerio Castello, al quale era stato commissionato l'intero ciclo degli affreschi) e Lazzaro Tavarone. Della chiesa originaria rimase inalterato solo il campanile. Con la fine della Repubblica di Genova e l'avvento della Repubblica Ligure napoleonica (1797) l'ordine religioso fu soppresso e la chiesa chiusa al culto; le monache vennero trasferite nel monastero di San Sebastiano. Solamente con la caduta del Primo Impero francese e il passaggio della Liguria nel Regno di Sardegna mentre dal 1818 gli antichi spazi conventuali accolsero le Canonichesse lateranensi dei soppressi monasteri di Santa Maria delle Grazie "la nuova", San Bartolomeo dell'Olivella e Sant'Andrea della Porta. Nel 1889, appellandosi a quanto stabilito da una nuova legge sulla soppressione degli ordini religiosi emanata dal Regno d'Italia nel 1866, il sindaco di Genova stabilì un nuovo abbandono del sito conventuale per far posto alla caserma delle Guardie di città. In seguito fu sede della Guardia di Finanza e infine dell'O.N.M.I. L'ex complesso monastico, come quello vicino di San Silvestro, fu quasi completamente distrutto dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale. Un primo bombardamento il 22 ottobre 1942 provocò l'incendio del tetto, ma il più distruttivo fu un secondo attacco il 4 settembre 1944 che rase quasi al suolo la sommità della collina di Castello; i bombardamenti distrussero quasi completamente gli affreschi e provocarono gravi danni alle murature esterne che in parte dovettero essere demolite. Rimase invece quasi integro il campanile che fu consolidato e in seguito restaurato. Insieme con la chiesa venne completamente distrutto il vicino oratorio di Santa Maria, San Bernardo e dei Santissimi Re Magi, appartenente alla confraternita dei Tre Re Magi, del quale nulla rimane, salvo una lapide commemorativa. Fondato nel XIV secolo, aveva la volta affrescata da Lazzaro Tavarone. Il complesso rimase in rovina per decenni, finché a partire dagli anni settanta un progetto elaborato dal Comune di Genova e seguito dall'architetto Ignazio Gardella ha dato spazio a interventi di recupero di questa area del centro storico con la costruzione della nuova sede della Facoltà di Architettura dell'Università di Genova sul sito dell'ex convento di San Silvestro, della Fondazione Niccolò Paganini e della sede dell'Osservatorio Urbano Permanente, creato per promuovere iniziative di risanamento e valorizzazione del centro storico; a partire dagli anni novanta un altro progetto ("Progetto Civis Sistema") prevede, inoltre, altri interventi di conservazione e recupero. Il complesso con i vari ampliamenti succedutisi nei secoli si presentava come una serie di volumi articolati su più piani che dalla chiesa (separata dal convento dalla via S. Maria in Passione) scendeva fino alla sottostante via Mascherona. Della chiesa, oltre al campanile, sono rimaste la parte inferiore della facciata, parte dei muri perimetrali e la parte absidale, oltre ad alcuni resti del convento nella zona compresa tra la chiesa e la nuova sede della Facoltà di Architettura. Nel rispetto degli antichi disegni sono state ripristinate la piazza e la salita di S. Maria in Passione e il giardino del convento e consolidati il campanile e le superstiti strutture della chiesa, realizzando una copertura sulla zona absidale per proteggere dagli agenti atmosferici i decori ancora visibili ed un'altra sulle rovine del convento. Sono stati anche realizzati alcuni locali nell'area dell'ex convento da destinare a sede dell'Osservatorio. In quello che rimane della facciata sono visibili i gli archi del portico del palazzo medioevale degli Embriaci sulle cui strutture era stata edificata la chiesa, della quale è ancora leggibile la planimetria, a navata unica, con il presbiterio allo stesso livello e il coro sopraelevato. Le pareti erano decorate da affreschi raffiguranti la storia della Passione ed episodi del Vangelo, andati quasi completamente distrutti, salvo alcuni frammenti, oggi conservati nel museo di Sant'Agostino. Il bombardamento del 1944 oltre ad aver provocato ingentissimi danni alla struttura ha causato la perdita totale delle decorazioni pittoriche originali (sia medioevali che barocche) e buona parte delle opere artistiche quali tele, quadri e statue ivi conservate. Grazie a diverse testimonianze fotografiche del 1943-1958 conservate nell'Archivio del Comune di Genova (servizio Beni Culturali) e nell'Archivio Fotografico della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Liguria si è potuto stilare un elenco, parziale, degli elementi decorativi e delle opere custodite all'interno della chiesa prima del bombardamento o comunque trasferite durante o dopo la guerra. Tra i quadri: La Pietà tra quattro angeli e i santi Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, Silvestro e Agostino, opera del pisano Aurelio Lomi datata al 1603 e conservata presso la Soprintendenza; Madonna col Bambino, angeli e i santi Giacinto, Alberto e Gerolamo, di Domenico Fiasella e realizzata intorno al 1640, custodita all'Istituto Arecco di Genova. Tra gli affreschi perduti: Storie della Vergine (la Natività della Vergine, la Presentazione al Tempio, l'Annunciazione, la Visitazione e la Vergine assunta al cielo) e riquadri con allegorie dell'Obbedienza, della Magnanimità, e della Costanza di Lazzaro Tavarone nella volta dell'unica cappella presente nella chiesa, a sinistra dell'altare maggiore; Caduta di Cristo sotto la Croce e l'Ecce Homo di Valerio Castello, nelle pareti della navata; Gloria dello Spirito Santo, nella volta centrale, con opere di Valerio Castello, Domenico Piola e Paolo Brozzi; Orazione dei Getsemani e la Flagellazione di Cristo, nel presbiterio, di Domenico Piola; Putti con i Simboli della Passione, i Quattro Evangelisti e figure allegoriche, opere di Domenico Piola e Paolo Brozzi nella volta del presbiterio; Vergine Addolorata, gli ovati con la Cena in Emmaus (affresco strappato e conservato nel museo di Sant'Agostino), l'Apparizione di Cristo alla Madre, le Pie Donne al Sepolcro e l'Ascensione di Domenico Piola nella volta sotto il coro sopraelevato; Pietà e Santi e figure degli Evangelisti nella volta sopra il coro, di Giovanni Andrea Carlone. P. Melli, Santa Maria in Passione: per la storia di un edificio dimenticato. Quaderni della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Genova, Edizioni Tormena, 1982. Guida d'Italia - Liguria, Milano, TCI, 2009. Autori vari, Descrizione di Genova e del Genovesato, Genova, Tipografia Ferrando, 1846. Federico Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, Genova, 1846. Centro storico di Genova Wikiquote contiene citazioni sulla chiesa di Santa Maria in Passione Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria in Passione La chiesa di Santa Maria in Passione sul sito www.stoarte.unige.it, su stoarte.unige.it. Libera Collina di Castello - La riqualificazione del bene Comune, un percorso di cura attiva del bene nella forma dell'autogoverno e dell'autonomia, su liberacollinadicastello.org. URL consultato il 5 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 19 aprile 2018).