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Chiesa dei Santi Isidoro e Eurosia

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Garbatella la chiesolina 01652
Garbatella la chiesolina 01652

La chiesa dei Santi Isidoro e Eurosia è un luogo di culto cattolico di Roma, nel quartiere Ostiense, in via delle Sette Chiese. La chiesa si trova sul percorso che i fedeli percorrono nella visita alle Sette Chiese di Roma. Una lapide esterna alla chiesa informa che essa fu costruita nel 1818 per opera di monsignor Nicola Maria Nicolai, la cui famiglia vi possedeva un podere a confine con la via omonima noto come tenuta dei 12 cancelli. Caduta in rovina nel corso dell'Ottocento fu acquistata e restaurata dal sacerdote oratoriano Generoso Calenzio. Conosciuta popolarmente come la chiesoletta, al Valadier è attribuito il pronao d'ingresso. Nel portico si ammirano tre bozzetti a rilievo in gesso, ritenuti opera di Antonio Canova: il primo rappresenta la Vergine col Bambino e San Giovanni Battista; il secondo il Salvatore che accoglie tra le braccia i fanciulli; ed il terzo San Giovanni Battista che battezza Gesù Cristo. L'interno della chiesa si presenta a navata unica, con un solo altare centrale, quattro finestre laterali ed una cantoria. L'altare è in marmo policromo. Oggi la chiesa è annessa della parrocchia di San Filippo Neri in Eurosia ed è gestita dalla Confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri. M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891, pp. 921-924, su penelope.uchicago.edu. Claudio Rendina, Le Chiese di Roma, Roma, Newton & Compton Editori, 2000, p. 166, ISBN 978-88-541-1833-1. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa dei Santi Isidoro e Eurosia

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa dei Santi Isidoro e Eurosia (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa dei Santi Isidoro e Eurosia
Via delle Sette Chiese, Roma Municipio Roma VIII

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00145 Roma, Municipio Roma VIII
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Garbatella la chiesolina 01652
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Luoghi vicini

Chiesa di San Francesco Saverio alla Garbatella
Chiesa di San Francesco Saverio alla Garbatella

La chiesa di San Francesco Saverio alla Garbatella è una chiesa di Roma, nel quartiere Ostiense, in piazza Damiano Sauli. La chiesa, costruita su progetto di Alberto Calza Bini, fu eretta a parrocchia il 1º maggio 1933 da Pio XI con la costituzione apostolica "Quo omnes sacrorum", ed è sede del titolo cardinalizio “San Francesco Saverio alla Garbatella”. La chiesa divenne famosa perché fu la prima parrocchia visitata da Giovanni Paolo II appena eletto papa; tre mesi dopo l'elezione infatti, la domenica 3 dicembre 1978, il pontefice fece visita al quartiere e alla parrocchia, ai quali era legato da un ricordo particolare e personale: La facciata è in laterizio e travertino; il portale centrale è sormontato da una grande finestra in una lunetta, sopra la quale lo stemma di Pio XI. La chiesa è arricchita da un'alta cupola. L'interno della chiesa si presenta a tre navate, suddivise da colonne con capitelli di stile ionico, con transetto. Nell'abside è posta una grande tela che raffigura il santo nell'atto di predicare. Nel transetto sono altre due tele: a destra la raffigurazione della Madonna del Divino Amore che soccorre Roma dopo i bombardamenti del 1943; a sinistra Gesù in gloria con angeli. Ai lati dell'ingresso due bronzi con la Crocifissione e la Madonna. (DE) Monzo, Luigi: Croci e fasci - Der italienische Kirchenbau in der Zeit des Faschismus. Berlino, Monaco, 2021, pp. 230-233. (DE) Monzo, Luigi: croci e fasci – Der italienische Kirchenbau in der Zeit des Faschismus, 1919-1945. 2 vol. Karlsruhe 2017 (tesi di dottorato, Karlsruhe Institute of Technology, 2017), pp. 488-491. C. Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, p. 109 C. Cerchiai, Quartiere X. Ostiense, in AA.VV, I quartieri di Roma, Newton & Compton Editori, Roma 2006 M. Alemanno, Le chiese di Roma moderna, Armando Editore, Roma 2006, Vol. III, pp. 52–54 Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Francesco Saverio alla Garbatella La chiesa sul sito della Diocesi di Roma, su diocesidiroma.it. URL consultato l'8 maggio 2021 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2016). Discorso pronunciato da Giovanni Paolo II nella visita alla Parrocchia nel 1978, su vatican.va. Mappa della parrocchia di San Francesco Saverio, su maps.google.com. URL consultato il 12 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 1º novembre 2007). (LA) Bolla Quod omnes sacrorum, AAS 25 (1933), p. 458 [1] Sito della parrocchia San Francesco Saverio alla Garbatella fino al 2005, con foto dei lavori di ristrutturazione eseguiti nei primi anni 2000. [2] Sito della parrocchia San Francesco Saverio alla Garbatella dal 2016. [3] Commento quotidiano alla Parola di Dio del viceparroco di San Francesco Saverio alla Garbatella.

Garbatella
Garbatella

Garbatella è la zona urbanistica 11C del Municipio Roma VIII di Roma Capitale. Si estende sul quartiere Q. X Ostiense. Sin dal Medioevo il territorio su cui sorge il nucleo originario del quartiere della Garbatella era interessato dalla presenza di diversi proprietari laici ed ecclesiastici, tra questi ultimi probabilmente il più importante era il monastero di Sant'Alessio all'Aventino che sin dal XII secolo possedeva beni nelle contrade della Bagnaia, che secondo Antonio Nibby prenderebbe nome dai bagni fatti costruire da papa Simmaco verso l'anno 500 tra l'abside della basilica di San Paolo e la rupe omonima, Formello e valle Cupula, tutte comprese nell'area racchiusa dall'alveo del fiume Almone o Acquataccio, dalla via Ostiense e da via delle Sette Chiese. A queste si aggiunsero nel tempo altri proprietari come Nicola Maria Nicolai. Agli inizi del XX secolo quando iniziarono gli espropri per la costruzione del quartiere, le maggiori proprietà risultavano essere quelle della famiglia Torlonia proprietaria della tenuta di Monte Bagnaia e quella degli eredi di Mariano Armellini, oltre alle vigne delle famiglie Roselli, Belardi e Bellini. Il nuovo quartiere fu fondato negli anni venti su questi territori posti sui colli che dominano la basilica papale di San Paolo fuori le mura e che da questa avevano preso il nome di Colli di San Paolo. Dopo la prima guerra mondiale Roma visse una fase di grande sviluppo edilizio, paragonabile per alcuni versi a quella del secondo dopoguerra. Il settore sud della capitale, nelle intenzioni degli urbanisti umbertini guidati da Paolo Orlando, doveva essere connesso al lido di Ostia tramite un canale navigabile parallelo al Tevere, che non fu però mai scavato. Tale canale avrebbe dovuto dotare Roma di un porto commerciale molto vicino al centro della città (distante meno di duecento metri dalle Mura aureliane), nei pressi dell'odierna via del Porto Fluviale, situata al confine tra Garbatella e Testaccio; nella zona a ridosso del canale avrebbero dovuto sorgere una serie di lotti abitativi destinati ad ospitare i futuri lavoratori portuali. Fu con questa idea che il re Vittorio Emanuele III posò la prima pietra a piazza Benedetto Brin, il 18 febbraio del 1920: era allora sindaco Adolfo Apolloni che aveva seguito attentamente i progetti e si era adoperato affinché fosse incrementato e valorizzato il verde nella città ed aveva promosso il criterio di inserire verde e giardini nell'edilizia popolare. Nell'iscrizione che commemora quel giorno, murata nell'edificio centrale della piazza, si legge: Il medesimo progetto portuale fu condizione dell'odonomastica della nascente zona che è a riferimento marinaro, essendo gran parte delle sue strade e piazze intitolate a persone e soggetti del mondo navale. Il progetto edilizio fu intrapreso in un'area allora semi disabitata e coperta da vigne e pascoli per pecore. Significativa eccezione costituiva la Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, dalla quale si dipartiva via delle Sette Chiese, una strada di raccordo ortogonale alle vie consolari Ardeatina ed Appia, della quale si servivano i pellegrini diretti alla basilica di San Sebastiano, e che tuttora viene percorsa per il pellegrinaggio al santuario della Madonna del Divino Amore. Nella zona sorge inoltre la chiesetta dedicata ai santi Isidoro ed Eurosia, già nota al popolo come Chiesoletta e dove, secondo una leggenda, sarebbe avvenuto un incontro tra Filippo Neri, ideatore del pellegrinaggio delle Sette Chiese, e Carlo Borromeo. Fino al 1930 circa il nome del quartiere fu a lungo dibattuto: le possibili alternative prese in considerazione furono, oltre al nome attuale, Concordia, come richiamo ed auspicio di pace sociale, o Remuria: quest'ultimo nome basato sulla leggenda secondo la quale Romolo avrebbe fondato su questo colle la sua città e non, come afferma la più nota tradizione tratta dall'Ab Urbe condita libri CXLII di Tito Livio, sul Palatino. Negli anni di poco successivi il nuovo quartiere fu anche destinato ad accogliere numerose famiglie sfollate a seguito dell'abbattimento della Spina di Borgo per la realizzazione di via della Conciliazione e della demolizione delle abitazioni per la realizzazione di via dei Fori Imperiali, dando così al quartiere la notorietà di ospitare persone e famiglie di antica romanità. Dal punto di vista politico la Garbatella era, ed è tuttora, una zona storicamente "rossa" ed operaia: la Resistenza partigiana trovò qui un appoggio incondizionato, al pari dei quartieri Ostiense e Portuense e del rione Testaccio. Tuttavia anche da questo quartiere nelle elezioni politiche del 1994 provenne un largo consenso alla nuova formazione politica Forza Italia (1994) che consentì al candidato Luigi Muratori di raccogliere il 55% dei suffragi nel collegio di Roma Ostiense; così come un forte consenso è stato tributato ai candidati del Movimento 5 Stelle nelle elezioni amministrative del giugno 2016. L'origine del nome Garbatella è tuttora oggetto di discussione: secondo un'ipotesi molto diffusa, il quartiere prenderebbe il nome dall'appellativo dato alla proprietaria di un'osteria che sarebbe sorta sullo sperone roccioso sovrastante la basilica di San Paolo (sul lato sinistro dell'odierna via Ostiense, provenendo dalla Porta San Paolo) all'altezza del Sepolcreto Ostiense; la zona è stata per secoli luogo di passaggio dei pellegrini che percorrevano via delle Sette Chiese, collegante la basilica Paolina alla basilica di San Sebastiano fuori le mura (dal XVI secolo inclusa nel pellegrinaggio per la visita alle sette chiese di Roma). Tale ostessa, una donna di nome Carlotta (o Maria, secondo altri), sarebbe stata tanto benvoluta dai viaggiatori che chiedevano ostello presso la sua locanda, da meritare il nome di "Garbata Ostella", successivamente sincopato in "Garbatella". Le ragioni del favore concessole si riferirebbero alla sua caritatevole attitudine verso i bisognosi, anche se un'interpretazione più maliziosa andava ben oltre questa bonaria ricostruzione. Una seconda ipotesi sul nome "Garbatella" vuole, invece, che derivi dall'amenità del luogo; mentre un'ultima interpretazione, con qualche fondamento scientifico, fa riferimento al tipo di coltivazione della vite detto "a barbata" o "a garbata", nella quale le viti vengono appoggiate ad alberi di acero od olmo), in uso nei terreni detti "Tenuta dei 12 cancelli" (comprendenti l'attuale via delle Sette Chiese), posseduti nel XIX secolo da monsignor Alessandro Nicolai, ministro dell'agricoltura di papa Gregorio XVI. Una nuova ipotesi sulla nascita del toponimo Garbatella è stata pubblicata sul volume Garbatella 100, il racconto di un secolo, edito per i tipi di Iacobelli a novembre del 2019. Lo studio, curato da Giorgio Guidoni, rivela che il nome Garbatella, appellativo di Clementina Eusebi, l'ostessa che nel periodo 1835-1850 gestì la famosa osteria che darà il nome alla zona, deriva probabilmente dal cognome della madre di Clementina, Maddalena Garbata, vedova Eusebi. Per riconoscere la madre dalla figlia probabilmente venivano appellate Garbata (la madre) e Garbatella (la figlia). Tale osteria, inoltre, si collocava sulla via Ostiense, a metà strada tra la Piramide e la Basilica di San Paolo, dove oggi ha inizio via degli Argonauti. Nel quartiere, a ridosso della via Cristoforo Colombo, sorge l'imponente palazzo della Regione Lazio, dove risiede la giunta regionale. Ai confini del quartiere, sul lato opposto della stazione di Roma Ostiense, in occasione dei Mondiali di Calcio Italia '90, sorse lo scalo Air Terminal, con l'annesso centro commerciale, ed un'area attrezzata per autocaravan e camper. Nel 2012 all'interno dell'Air Terminal è stata aperta la sede di Roma di Eataly, divenendo il più grande luogo al mondo dedicato alle eccellenze agroalimentari italiane e una sede della società NTV a supporto delle partenze da Ostiense del treno Italo dismessa nel 2015. Le principali chiese della Garbatella sono la già citata cosiddetta "Chiesoletta" dei santi Isidoro (agricoltore) ed Eurosia (Vergine e Martire) in via delle Sette Chiese, unita attraverso l'oratorio, alla chiesa di San Filippo Neri in Eurosia, edificata nel 1952 ed eletta parrocchia nel 1967 per volere di papa Paolo VI e la chiesa di San Francesco Saverio alla Garbatella, in piazza Damiano Sauli, dove papa Giovanni Paolo II iniziò le sue visite ufficiali il 3 dicembre 1978, come riconoscenza all'aiuto avuto dagli abitanti, perché nel 1946 era stato confessore in questa chiesa. In via Pomponia Grecina, nei pressi del Largo delle Sette Chiese, sorge un convento delle Suore Clarisse Cappuccine (Corpus Christi). Nel giardino pubblico (ex vigna Serafini) si trova l'ingresso delle catacombe di Commodilla, con una piccola basilica ipogea databile alla fine del IV secolo, un cimitero dipinto con scene bibliche (tra cui una curiosa immagine del Cristo orientale) e le effigi dei martiri santi Felice e Adautto. Tra i monumenti più recenti, celebre è la "Fontana della Carlotta" di piazza Ricoldo da Montecroce, con la relativa scalinata, detta "degli Innamorati", e il ponticello medioevale in piazza Eugenio Biffi. Ma è l'intero quartiere, con i suoi archi, le sue fontane, le sue palazzine ed i suoi balconi, ad essere considerato un grande ed unico monumento a sé stante. L'8 settembre 2007, in occasione della notte bianca, sotto spinta del progetto "Quei ragazzini della Garbatella", a cura dell'associazione culturale "Il Tempo Ritrovato" di Fatagarbatella, il Municipio Roma VIII ha dedicato due targhe ricordo in marmo travertino: la prima Iole Zedde al lotto 28 in via Guglielmo Massaia 22, dove nacque e visse la sedicenne morta il 12 settembre del 1944 a causa di una sventagliata di mitra di un giovane soldato tedesco di guardia ai vagoni nella stazione ferroviaria dell'Ostiense; la seconda al cantante Alvaro Amici, interprete della canzone romana, nato e vissuto al lotto 31 vicino alla fontana della Carlotta, dove è stata posizionata la targa. La parte più antica dell'urbanizzazione, progettata e realizzata in modo strutturato con uno stile architettonico uniforme tra gli anni venti e trenta, è usualmente chiamata con l'appellativo di "quartiere", indipendentemente dal fatto che faccia parte del vero quartiere Ostiense. La Garbatella è tradizionalmente suddivisa in lotti, occupati da costruzioni che circondano cortili e giardini, i quali, soprattutto in passato, erano punti di ritrovo per la popolazione, con lavatoi e stenditoi, botteghe e cantine, sedie e muretti. L'assetto architettonico della zona è un compromesso tra l'estetica e la pratica: le abitazioni sono collocate, almeno nel nucleo storico, in villini o palazzine di tre piani al massimo, con grande cura per i dettagli e per la diversificazione degli stili. L'architettura della Garbatella fu inizialmente improntata al modello inglese delle città giardino (Garden city movement) ben collegate e vicine alla città, abitate da operai e comprendenti significativi spazi verdi coltivabili, tali da fornire ai lavoratori residenti una preziosa, e ulteriore, fonte di sussistenza: l'orto (un ulteriore tentativo fu iniziato più tardi, nell'edificazione del quartiere denominato appunto Città Giardino Aniene, nella zona nord di Roma). Nei lotti più antichi ancora rimasti nei pressi di piazza Benedetto Brin (alcuni dei lotti tra i più vetusti sono stati demoliti negli anni settanta, durante il "sacco di Roma" messo in atto dagli speculatori edilizi) si nota come il rapporto tra le metrature dedicate al verde "privato" e quelle edificate fosse tra i più alti nell'Italia dell'epoca; tale peculiare struttura urbanistica doveva conferire alla nascente Garbatella l'aspetto di una contrada agreste, simile a quelle esistenti nei borghi del circondario, cosicché l'immigrazione delle maestranze provenienti da ogni parte dell'agro laziale a Roma sarebbe stata meno traumatica, permettendo loro di ricostruire nella città quella rete di solidarietà sociale che in provincia continuava ad essere un elemento precipuo, e che si andava perdendo in città, a seguito della sua lenta trasformazione in metropoli. Lo stile architettonico dei primi lotti fu denominato barocchetto dai suoi creatori Gustavo Giovannoni e Innocenzo Sabbatini, coadiuvati successivamente da Costantino Costantini, Massimo Piacentini, Mario De Renzi e Felice Nori. Simili al barocco sono le modanature di sapore medievale, le figure di animali riscontrabili nei fregi, l'utilizzo estensivo di decorazioni d'ispirazione floreale e botanica, restando però queste nell'ambito dell'edilizia popolare e, dunque, povera: al posto di marmi pregiati, stucchi e calce bianca. Con l'avvento del fascismo la pianificazione urbanistica del quartiere subì un drastico cambiamento: il rapporto verde-edificato calò sensibilmente, l'idea del porto fluviale venne definitivamente abbandonata e cominciarono ad essere costruite abitazioni più simili ai moderni condomini che alle precedenti villette. Restò comunque ferma l'intenzione di costruire, oltre agli spazi abitativi privati, se non giardini e orti comuni, comunque spazi pubblici, come stenditoi o asili nido. Si cominciò allora a costruire palazzi più grandi e alti per ospitare un sempre crescente numero di immigrati, come ad esempio il Lotto VIII in via Luigi Fincati. Il culmine di questo mutamento si nota nell'impianto progettuale dei tre lotti chiamati Alberghi (Rosso, Bianco e Giallo) nei pressi di piazza Eugenio Biffi, strutture nate pochi anni dopo le villette dell'inizio dell'edificazione dell'area (dal 1927), ma significativamente differenti dal punto di vista funzionale ed estetico. Da segnalare i tredici villini del Lotto 24, denominati anche "casette modello", tra via delle Sette Chiese, via De Jacobis e via Borri. Il lotto fu edificato in occasione del XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e Piani Regolatori del 1929 ed è considerato tra i più belli e interessanti. Agli ingressi sono state apposti dei marmi con iscritti i nomi degli architetti che idearono e costruirono le varie palazzine: vinse il concorso l'edificio ad angolo tra via Sette Chiese e via Borri, progettato dall'architetto Mario De Renzi. Si deve tener presente che, sebbene l'urbanistica d'epoca fascista abbia mutato in maniera radicale l'impostazione nata dall'idea delle città giardino, essa conservò per la Garbatella un carattere sperimentale di borgata a misura d'uomo, che si contrapponeva in maniera drammatica alla vicina baraccopoli di "Shangai" (l'odierna Tor Marancia). Largo delle Sette Chiese ospita un dipartimento della "ASL Roma C" e una delegazione del Municipio VIII. L'ospedale del quartiere è il Centro Traumatologico Ortopedico (CTO) "Andrea Alesini", che serve la vasta area di Roma appena a sud delle mura. Le "Sgarbatelle" è stata una società di mutuo soccorso nata nel dopoguerra, formata spontaneamente dalle donne del quartiere e operante nel territorio. Attraverso le quote versate da ciascuna affiliata aiutavano le famiglie bisognose. La Garbatella è coinvolta dalle attività dell'Università degli Studi Roma Tre che ha una delle sue sedi nelle vecchie vetrerie ai piedi del quartiere e ne ospita il teatro, il "Palladium", un tempo cinema rionale chiamato "Cinema Teatro Garbatella" ed oggi dinamico centro culturale. Anche l'Università privata "UNINT" ha sede nel quartiere, in via delle Sette Chiese. La Garbatella ospita inoltre il liceo classico-scientifico "Socrate", e fino al 2003 accoglieva il liceo scientifico "Francesco Borromini". Vi si trova anche la succursale dell'Istituto Professionale di Stato per la Cinematografia e la Televisione "Roberto Rossellini". Ha come scuola elementare la "Cesare Battisti" in piazza Damiano Sauli che ospita alcune riprese della fiction i Cesaroni. Il film Caro diario di Nanni Moretti omaggia la zona con la passeggiata in Vespa del protagonista per le strade della Garbatella, "il quartiere che mi piace più di tutti". Anche alcune scene di Bianca hanno come sfondo la monumentale scuola "Cesare Battisti" che si affaccia sulla piazza Damiano Sauli, la principale della Garbatella, che negli anni novanta è stata eletta per partecipare al progetto "100 Piazze", che ha portato alla sua ristrutturazione. La Garbatella resta tuttora un set molto utilizzato da registi cinematografici e televisivi: la serie TV Caro maestro fu ambientata nella "Casa dei Bimbi" alla Garbatella; la serie TV I Cesaroni (2006-2014) si serve di due scorci del quartiere: la "bottiglieria Cesaroni" sfrutta per gli esterni il "Roma club Garbatella" in piazza Giovanni Da Triora, mentre il liceo della fiction usa anch'esso la scuola elementare statale Cesare Battisti di piazza Damiano Sauli. Inoltre altre vie del quartiere sono state usate per numerose fiction poliziesche. Alla Garbatella sono nati gli attori Enzo Staiola (il ragazzino di Ladri di biciclette di De Sica), Maurizio Arena e la sorella Rossana Di Lorenzo (la moglie "buzzicona" di Alberto Sordi nell'episodio La camera in Le coppie e nel film Il comune senso del pudore, che vive tuttora alla Garbatella e presta il suo volto per le iniziative culturali del Municipio Roma VIII con il personaggio della Sora Garbatella), Enrico Montesano, Gigi Proietti e Valerio Mastandrea. Pier Paolo Pasolini ambientò alla Garbatella molte scene del romanzo Una vita violenta (il personaggio protagonista del libro uccide in un lotto di Garbatella un suo rivale chiamato lo Shangaino, poiché proveniente dalla confinante borgata di "Shangai"). Il palazzo della Regione Lazio è stato il set di alcuni film della serie di Fantozzi, per cui è talvolta indicato come Palazzo di Fantozzi. Molte scene del film Le ragazze di piazza di Spagna sono ambientate alla Garbatella, dove abita una delle protagoniste, interpretata da Lucia Bosè. In particolare, in una vivace scena di un litigio, appaiono le case e gli abitanti del quartiere. Nel mese di febbraio, il quartiere storico festeggia il compleanno con l'evento Buon Compleanno Garbatella. La data di fondazione è conosciuta grazie alla targa posta dal re Vittorio Emanuele III il mercoledì delle ceneri del 1920 (18 febbraio). Innocenzo Costantini, Le nuove costruzioni dell'Istituto per le case popolari in Roma. La borgata giardino "Garbatella", in Architettura e Arti Decorative, III, Milano - Roma, Casa Editrice d'Arte Bestetti e Tumminelli, novembre 1922, pp. 119-137. Giovanna Mirella Arcidiacono, Garbatella. La storia è donna, Roma, Municipio XI, 2002. Adelio Canali, La Terrazza sulla Garbatella, Roma, EdUP, 2008, ISBN 88-8421-195-6. Enzo Gori e Gianni Rivolta, Garbatella mia, Roma, La Campanella, 2003, ISBN 978-88-88519-09-8. Gianni Rivolta, I ribelli di Testaccio, Ostiense e Garbatella, Roma, Cara Garbatella, 2006. Gianni Rivolta, Garbatella. Tra storia e leggenda, Roma, Iacobelli, 2009, ISBN 978-88-6252-074-4, SBN IT\ICCU\RMB\0711325. Gianni Rivolta, Dalla Villetta ai Gazometri. Partiti politici e lotte popolari nel dopoguerra tra Garbatella e Ostiense, Roma, Iacobelli, 2012, ISBN 978-88-6252-178-9. Gianni Rivolta (a cura di), Garbatella 100. Il racconto di un secolo, Roma, Iacobelli, 2019, ISBN 978-88-6252-478-0. Monica Sinatra, La Garbatella a Roma: 1920-1940, Roma, FrancoAngeli, 2006, ISBN 978-88-464-7364-6. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Garbatella

Catacombe di Commodilla
Catacombe di Commodilla

Le catacombe di Commodilla sono delle catacombe di Roma, poste in via delle Sette Chiese, non molto lontano dalla via Ostiense, nel quartiere Ostiense. Il nome, come per la maggior parte delle catacombe romane, trae origine dalla fondatrice o dalla donatrice del terreno su cui sorse il complesso cimiteriale ipogeo, il quale era conosciuto anche col nome dei due principali martiri ivi sepolti, Felice e Adautto. Il cimitero sotterraneo si sviluppa su tre livelli. Il livello più antico e più interessante dal punto di vista archeologico è quello mediano, ricavato in un'antica cava di pozzolana, riutilizzata a scopi funerari: è in questo livello che si trovano le sepolture dei martiri, in una piccola basilica ipogea, ed è da questo livello che si è sviluppato il resto delle catacombe. Nel sopraterra non esistono monumenti, o resti di essi, in qualche modo connessi con le catacombe. L'analisi dei manufatti scoperti nell'ipogeo portano a datare le catacombe dopo la metà del IV secolo, mentre altre caratteristiche la fanno risalire agli inizi del IV secolo; inoltre la stessa passio data il martirio di Felice ed Adautto negli ultimi anni di vita dell'imperatore Diocleziano (284-305): ciò lascia supporre che la cava di pozzolana fosse utilizzata in parte come luogo di sepoltura già prima della sua chiusura e della sua trasformazione in cimitero (cioè nella seconda metà del IV secolo). Le catacombe furono utilizzate per le sepolture non oltre la fine del IV secolo. Nel V e nel VI secolo vengono utilizzate solo a scopo devozionale. In seguito, come accadde per gli altri cimiteri sotterranei cristiani, essa fu trasformata in un luogo di culto martiriale: lavori di restauro alla basilica ipogea furono eseguiti da diversi papi fino al IX secolo, segno che ancora a quell'epoca le catacombe erano luogo di pellegrinaggio di devoti cristiani. Vi sono state rinvenute anche monete con l'effigie di papa Gregorio IV (827-844): papa Leone IV (847-855) infine donò le reliquie dei martiri Felice ed Adautto alla moglie dell'imperatore Lotario. In seguito le catacombe vennero abbandonate e caddero nell'oblio. Fu scoperta nel 1595 dall'archeologo Antonio Bosio, ma il primo ad identificarla come quella di Commodilla fu, nell'Ottocento, Giovanni Battista de Rossi. Campagne di restauro furono eseguite all'inizio del XX secolo e portarono allo scavo completo del secondo livello cimiteriale (l'antica cava di pozzolana). Come tutte le catacombe romane, anche in quella di Commodilla si ricordano diversi martiri. In primo luogo Felice ed Adautto: il carme redatto da papa Damaso, andato perduto, ma di cui si conserva una copia in una raccolta di iscrizioni altomedievali, informa che questi due martiri erano fratelli ed entrambi presbiteri. La passio leggendaria del VII secolo narra che, durante il martirio di Felice, condannato a morte nei primi anni del IV secolo, uno sconosciuto uscì dalla folla e, confessando di essere cristiano, chiese di morire con Felice: di lui non si conosceva il nome, per cui passò alla storia col nome di l'aggiunto (adauctus in latino). Di questi due santi è stata trovata, nelle catacombe, il luogo della deposizione. Nelle catacombe di Commodilla, secondo la tradizione, si venerano altri quattro santi: una santa di nome Merita, il cui nome si legge in un affresco vicino al luogo di sepoltura di Felice e Adautto (ma gli archeologici non sono tutti unanimi in questa identificazione); le fonti liturgiche inoltre non dicono nulla di questa presunta santa, mentre parlano di due sorelle martiri, Degna e Merita, uccise sotto l'imperatore Valeriano (253-260) e sepolte in Commodilla; di Degna non è stata trovata alcuna traccia nelle catacombe; il Martirologio geronimiano, alla data del 29 agosto, accanto a Felice ed Adautto, nomina una certa Gaudenzia, di cui non sono state trovate tracce nelle catacombe; infine le guide per pellegrini dell'alto medioevo parlano di un altro martire, Nemesio, che però non è menzionato da nessun altro documento. Una particolarità delle catacombe di Commodilla, che le distingue dalle altre catacombe romane, è la presenza di sepolture dette a pozzo: si tratta di fosse profonde, ove si contano fino a 20 loculi disposti nelle pareti e sovrapposti l'uno all'altro. Una simile disposizione è riscontrabile solo nelle vicine catacombe di santa Tecla. Inoltre, rispetto ad altri cimiteri ipogei, Commodilla si caratterizza per un'estrema povertà architettonica, epigrafica e iconografica: sono rari, per esempio, cubicoli ed arcosoli, e spesso le iscrizioni marmoree contengono errori di ortografia. Di una certa rilevanza artistica, è la piccola basilica sotterranea dedica ai santi Felice e Adautto; essa fu ricavata, durante il pontificato di Giovanni I (523-526), adattando parte dell'antica cava di pozzolana (al secondo livello), che fu chiusa ed allargata per le esigenze di culto. In questa basilica ipogea gli archeologici hanno identificato il luogo di sepoltura dei due santi in due loculi sovrapposti, che sottostanno ad un affresco che li raffigura. Nella basilica inoltre si possono ammirare: la cosiddetta tomba di Turtura (metà del VI secolo): si tratta di una donna la cui morte e sepoltura viene ricordata dal proprio figlio con una tomba arricchita da un affresco; l'affresco raffigura la Madonna, con in braccio il bambino Gesù, seduta su uno scranno d'oro; accanto, le figure dei due santi Felice e Adautto e di Turtura; l'affresco è accompagnato da un'epigrafe, che recita: “Il tuo nome è Turtura, e tu effettivamente fosti una vera tortora”; l'affresco di san Luca, risalente alla seconda metà del VII secolo, in cui il santo è raffigurato con i ferri del mestiere: infatti ha con sé una piccola borsa con gli strumenti da chirurgo; l'affresco della consegna delle chiavi a Pietro (VI secolo): esso raffigura Cristo seduto su un globo mentre consegna le chiavi a Pietro; accanto figure di santi, ognuna col proprio nome dipinto: Adautto, Merita, l'apostolo Paolo, Felice, Stefano protomartire Di notevole pregio artistico e di alto valore simbolico è il cosiddetto cubicolo di Leone, ufficiale romano prefetto dell'annona (seconda metà del IV secolo), che commissionò la cripta per sé e la sua famiglia: essa è completamente dipinta con scene bibliche. Il cubicolo di Leone è al centro della regione delle catacombe, che porta lo stesso nome, scoperta nel 1953. Nella catacomba è presente un'iscrizione graffita in lingua volgare, la cui datazione è dubbia (tra il VI-VII secolo e la metà del IX). È la più antica attestazione di uno scritto in volgare e si trova in una cripta dedicata al culto dei santi Felice e Adautto. Questa iscrizione ricordava al celebrante di non recitare a voce alta quelle preghiere della messa, dette secrete, i cosiddetti mysteria secondo la formula greco-latina, che secondo la liturgia devono essere pronunciate a bassa voce in quanto parole sacre dirette esclusivamente a Dio e non all'assemblea. Dal punto di vista linguistico si nota l'uso della forma dell'imperativo negativo non dicere che deriva dal classico noli dicere (l'alternativa è ne dicas o ne dixeris, con il congiuntivo esortativo), mentre dicere si è conservato anche come forma volgare per tutto il Medioevo. Il pronome ille assume qui valore di articolo femminile plurale, mentre secrita deriva dal classico neutro plurale secreta; a bboce, dal latino ad vocem, presenta la caduta delle consonanti finali, un raddoppiamento fonosintattico e un betacismo, cioè la trasformazione della v in b. Francesco Sabatini, Un'iscrizione volgare romana della prima metà del secolo IX, «Studi linguistici italiani», VI, 1966, pp. 49–80 Giuseppe Biamonte, Lionella De Santis, Le catacombe di Roma, Newton & Compton Editori, Roma, 1997, pp. 88–96 ISBN 978-88-541-2771-5 Claudio Marazzini, Breve storia della lingua italiana, Il Mulino, Bologna, 2004 ISBN 88-15-09438-5 Catacombe di Roma Iscrizione della catacomba di Commodilla Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulle catacombe di Commodilla L'iscrizione funeraria di un giovane cristiano in Commodilla, su telemaco.unibo.it. URL consultato l'8 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 5 ottobre 2010).

Basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola
Basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola

La chiesa di Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola, retta dalla Società San Paolo (Paolini), si trova a Roma nel quartiere Ostiense, in via Antonino Pio. Durante il primo dopoguerra, don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, aveva in mente di fare edificare un santuario e di dedicarlo a Maria Regina degli Apostoli; si decise, finalmente, nel 1943, quando sul luogo dove oggi sorge l'edificio s'abbatté un bombardamento senza causare nemmeno una vittima: nell'evento ravvisò la protezione della Vergine. Così, finita la guerra e approvato un disegno di Leone Favini, cominciarono i lavori, che si conclusero nel 1954. Il colleggio paolino internazionale della Società San Paolo, dal 1965 il santuario è sede d'un titolo cardinalizio, dal 1976 per volontà di Paolo VI sede parrocchiale e dal 1984 basilica minore. L'edificio, ispirato al barocco romano, ha pianta centrale ed è sormontato da una cupola imponente; all'interno, è decorato da una serie d'affreschi di Antonio Santagata a tema mariano. Vi si conservano le spoglie di don Alberione, Tecla Merlo, delle Figlie di San Paolo, e Giuseppe Timoteo Giaccardo, il primo sacerdote paolino. G.B. Perego, Il santuario basilica Regina Apostolorum, Roma, Edizioni dell'Archivio Storico della Famiglia Paolina, 2007 C. Cerchiai, Quartiere X. Ostiense, in AA.VV, I quartieri di Roma, Roma, Newton & Compton Editori, 2006 M. Alemanno, Le chiese di Roma moderna, Roma, Armando Editore, 2006, Vol. III, pp. 43–46 Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola Sito della Parrocchia, su parrocchia-santuarioreginadegliapostoli.it. Scheda della parrocchia dal sito della Diocesi di Roma, su vicariatusurbis.org. URL consultato il 12 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2013).

Tor Marancia
Tor Marancia

Tor Marancia è la zona urbanistica 11E del Municipio Roma VIII di Roma Capitale. Si estende sul quartiere Q. XX Ardeatino. Il nome di Tor Marancia deriva probabilmente dalla deformazione medievale di Amaranthus, nome di un liberto che prese in gestione la tenuta agricola e la villa della famiglia Numisia Procula nel II secolo d.C. I resti di tale villa sono ancora visibili oggi nei pressi di via Giulio Aristide Sartorio. Un atto di vendita, tramandato da tradizione manoscritta, riporta la trascrizione di un'epigrafe latina CIL VI 10233 in cui sono menzionati i praedia Amarantiana, nome prediale derivato quasi sicuramente da Amaranthus, i cui praedia (poderi) erano appartenuti prima di passare a nuova proprietà. Si potrebbe anche pensare che data la vicinanza del piccolo fiume Almone, detto anche "Marrana" dell'Acquataccia, si sia generato "Marancia", da una distorsione di "Marana Accia'". La torre originale, torre Marancia, è andata distrutta tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, nella mappa del Catasto Alessandrino del 1660 già non è più presente. Si trovava su via delle Sette Chiese nell'attuale proprietà degli Horti Flaviani, cioè appartenente alla famiglia imperiale dei Flavi, nei pressi delle Catacombe di Santa Domitilla. Quella attuale, presente su viale di Tor Marancia, è stata chiamata sino al XVIII secolo torre di San Tommaso e solo successivamente ha assunto la denominazione dell'omonimo viale. Costruita nel XIII secolo, in blocchetti di tufo, alta circa 15 metri per 6 metri di lato, conserva ancora i resti della merlatura originaria. Ebbe inizialmente lo scopo di torre semaforica per l'avvistamento dei pirati saraceni che venivano dal mare, successivamente, con l'inasprimento delle lotte baronali ebbe anche uno scopo militare per la difesa del territorio. Le antiche mappe permettono di ubicare altre torri, oggi distrutte, presenti nella tenuta tra cui: la torre di Santa Maria nei pressi dell'odierno palazzo della Regione Lazio, demolita nel 1941 per far spazio alla via Cristoforo Colombo; la torre Fonte de Papa una piccola struttura con a fianco una sorgente di acqua potabile, fu demolita alla fine degli anni '50 del XX secolo per lasciar spazio ai nuovi edifici e la sorgente venne interrata, sorgeva all'incrocio tra Via G. A. Sartorio e Via dell'Annunziatella; e infine la torre delle Vigne che sorgeva nei pressi di piazza F. M. Lante. La tenuta di Tor Marancia, con una superficie di circa 253 ettari, confinava con la limitrofa tenuta di Grottaperfetta e con le strade di San Paolo, del Divino Amore e dell'Annunziatella. Due fiumi, oggi canalizzati e coperti, attraversavano la zona: a nord l'Almone e a sud il fosso di Grottaperfetta. Nel XV secolo la Tenuta era conosciuta anche come casale delle Peschiere. Vi si succedettero varie nobili famiglie: i Porcari, i Leni, i Tebaldi e i Bottoni. Dal 1481 al 1797 appartenne all'Ospedale del SS. Salvatore al Sancta Sanctorum; successivamente la proprietà passò al duca Luigi Braschi Onesti nipote di papa Pio VI, poi al Conte Domenico Lavaggi. Dal 1816 al 1824 la tenuta appartenne a Maria Anna di Savoia duchessa di Chiablese, figlia del re di Sardegna Vittorio Amedeo III di Savoia, che oltre a sfruttare le cave di pozzolana presenti nell'area, intraprese nel 1817 con l'archeologo Luigi Biondi una campagna di scavi da cui emersero i resti di due antiche ville romane: di Munatia Procula e di Numisia Procula. I pregiati ornamenti ritrovati (mosaici, statue ed epigrafi antiche) andarono a nobilitare le residenze aristocratiche savoiarde dell’epoca. I reperti sono oggi in parte esposti nella Galleria dei Candelabri presso i Musei Vaticani e a Palazzo Guglielmi Chiablese in piazza dell'Enciclopedia Italiana 50 (già piazza Paganica) a Roma. Nei primi anni '30 del XX secolo, i cittadini espulsi dai rioni centrali di Roma, a seguito dei primi sventramenti fascisti per "bonificare" il centro dalle manifestazioni più visibili di disagio sociale, assieme agli emigrati provenienti dall'Italia meridionale e alle famiglie messe sul lastrico dalla liberalizzazione degli affitti, si costituì la borgata governatoriale di Tor Marancia (conosciuta anche come Tormarancio). I lavori iniziarono nel maggio del 1933 e furono affidati alla ditta "F.lli Giovannetti" già specializzata in questo genere di appalti. La borgata era formata da un assembramento di baracche, casette in muratura o in legname e sorgeva in un'area prevalentemente paludosa e insalubre (la tubercolosi era molto diffusa). Le case avevano i pavimenti in terra battuta, senza acqua, i servizi igienici erano in comune e spesso guasti, erano inesistenti: le scuole, i trasporti pubblici e il pronto soccorso. Nelle vicinanze vi era l'Istituto Romano San Michele, costruito nel 1932 e il comprensorio delle Sette Chiese: una casa di riposo per anziani e un agglomerato di "casa rapide". A causa dei periodici allagamenti, per l'infelice collocazione in una zona infossata, la piccola borgata assunse il nomignolo di Shanghai". «Ebbene, io vivo a Tormarancio, con mia moglie e sei figli, in una stanza che è tutta una distesa di materassi, e quando piove, l'acqua ci va e viene come sulle banchine di Ripetta», lamentava il protagonista di uno dei racconti romani di Alberto Moravia (Il Pupo, 1954). La costruzione delle attuali case popolari iniziò nel 1947 per l'intercessione dei due senatori del PCI: Edoardo D'Onofrio e Emilio Sereni, a seguito della legge De Gasperi sul risanamento delle borgate, conclusasi nel 1960. Chiesa di Nostra Signora di Lourdes a Tor Marancia, su via Andrea Mantegna. Dal 2015 al numero civico 63 di viale di Tor Marancia, un gruppo di artisti internazionali, specializzati nelle decorazioni murali, ha realizzato sulla facciata di ciascuna palazzina una serie di murales di varia tematica e diversi stili. Il quartiere ha una squadra di calcio a 11, il Tormarancio M.C., fondato nel 2002 e conquista la sua prima promozione in seconda categoria vincendo la "coppa provincia di Roma" nel 2005, alcuni degli artefici di quell'impresa sono Vigliotti, D'Agostino, Giancaterini, Gherzevic e come allenatore Pugnalini, si succederanno molte stagioni in seconda categoria fino alla promozione in prima categoria con l'allenatore Paterniani, sarà poi Bussone a portare il Tormarancio in promozione e a mantenere la categoria fino al 2014\2015, a quel punto la vecchia presidenza composta da Cavalli, Sacco e Menotti lasciano spazio a Cirulli, le nuove scelte fanno in modo che la squadra arrivi ultima nel girone. Ad agosto 2015 il Tormarancia M.C. lascia la matricola ed il posto in Prima Categoria al neonato Play Eur, ricominciando l'attività agonistica dalla Terza Categoria con la presidenza di Cavalli, già ex presidente. Il rinato club passa dopo solo una stagione in Seconda categoria, sfiorando l'impresa di vincere la finale provinciale di terza categoria. La stagione successiva vede il club trionfare in Seconda Categoria arrivando primi in classifica e guadagnando la Prima Categoria dopo appena due anni dalla rifondazione. A settembre 2014 viene fondata anche, da quattro soci del quartiere, il Tormarancia M.VIII, iscritto alla serie B della Lega Calcio a 8. A settembre del 2015 la stessa Lega Calcio a 8 ratifica l'ammissione in serie A2 nazionale per il club del quartiere. Alla fine della stagione 15-16, il club del presidente Caterini Fabio sfiora l'ingresso ai playoff per l'accesso alla serie A nazionale, piazzandosi al quarto posto della regular-season, guadagnando l'iscrizione alla serie cadetta anche per la stagione futura. All'alba della stagione 16-17 il sodalizio cambia nome diventando Tormarancia C8 P&R, con il suffisso del nome societario legato allo sponsor "Pulcinella & Rugantino". Dopo aver concluso la stagione regolare al secondo posto, il team amaranto ha battuto ed eliminato nei play-off in serie: la S.S. Lazio Calcio a 8, Tony Ponzi Inv. V.L., Steaua 2005 ed in finale l'Atletico Winspeare, club con sede nell'isola di Ponza, col risultato di 1-0, diventando di fatto la regina del torneo di A2, guadagnando a pieno titolo anche l'accesso in Serie A nazionale. Nell'ottobre 2019 viene fondata la Rosarossashangai, la squadra viene iscritta alla serie A2 nella Lega Calcio a 8. Luciano Villani, 2.4 Tor Marancia, Gordiani, Pietralata (PDF), in Le borgate del fascismo. Storia urbana, politica e sociale della periferia romana, Milano, Ledizioni, 2012, pp. 70-82, ISBN 978-88-6705-014-7, OCLC 917209631. Alessandro Mazza, Via Delle Sette Chiese In Roma. Un percorso storico, archeologico, paesistico, a cura di Gabriele M. Guarrera, Roma, Gangemi editore, 1997, pp. 98-106, ISBN 978-88-7448-746-2. Lucrezia Spera, Via Ardeatina, collana Antiche Strade, Lazio, Istituto Poligrafico e Zecca Dello Stato, 2002, pp. 48-51, ISBN 978-88-240-3569-9. Luigi Biondi, I Monumenti Amaranziani illustrati. Appendice al Museo Chiaramonti, vol. III, Roma, 1843. A. Mosca, Disiecta Membra. Materiali archeologici di collezione e di provenienza ignota o incerta. 1) Gruppo di materiali archeologici conservati in Palazzo Guglielmi, in “Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma” 94 (1990-1991), pp. 393– 400. A. Cipriani, A. Granelli, L'ultima campagna intorno a noi: ambiente ed evoluzione storica da Tor Marancia all'Annunziatella Archiviato il 19 marzo 2018 in Internet Archive. Ebook Tenuta di Tor Marancia. Paolo Petaccia e Andrea Greco, Borgate. L'utopia razional-popolare, collana Roma Capitale, Roma, Officina Edizioni, 2016, ISBN 978-88-6049-194-7. Milena Farina e Luciano Villani, Borgate romane: storia e forma urbana, collana Libria, Melfi, Casa Editrice Libria, 2017, ISBN 978-88-6764-106-2, OCLC 987026520. Tavolo Archivio Storico VIII Municipio di Roma, III quaderno di Moby Dick, Tor Marancia - Borgata di Roma. Dal fango di Shangai ai colori dei murales, Iacobelli Editore, 2019, ISBN 9788862524735 Borgate ufficiali di Roma Garbatella Via delle Sette Chiese Via Ardeatina Agostino Di Bartolomei Mario Dell'Arco Centro regionale Sant'Alessio - Margherita di Savoia per i ciechi Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tor Marancia