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Marconi (metropolitana di Torino)

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MetroTorinoMarconi
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Marconi è una fermata della metropolitana di Torino, aperta il 6 marzo 2011 in occasione del terzo prolungamento della M1 (ramo da Porta Nuova al Lingotto), situata in largo Marconi, all'angolo tra via Nizza e corso Marconi (già Valentino). Si trova in via Nizza, nel quartiere commerciale nella parte sud del centro di Torino. Dalla Stazione Marconi è possibile raggiungere a piedi il Castello del Valentino e il Parco del Valentino.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Marconi (metropolitana di Torino) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Marconi (metropolitana di Torino)
Via Nizza, Torino San Salvario

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10125 Torino, San Salvario
Piemonte, Italia
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Chiesa dell'Immacolata Concezione (Torino, San Salvario)
Chiesa dell'Immacolata Concezione (Torino, San Salvario)

La Chiesa dell'Immacolata Concezione è una chiesa Cattolica di Torino situata nel quartiere di San Salvario. L'abate teologo Filippo dei conti Giriodi di Monasterolo fu un benefattore torinese che si dedicò all’educazione delle ragazze povere e abbandonate. Giriodi comincia la sua attività nel Borgo San Salvario e s'ispirò all'attività del teologo Gaspare Saccarelli, fondatore nel 1853 dell'Istituto della Sacra Famiglia nel Borgo San Donato. Nel 1854 Giriodi fondò l'Istituto di ricovero per le ragazze povere intitolandolo alla Immacolata Concezione della Vergine, che all'inizio si trovava in via dei Fiore (oggi via Belfiore). Il 23 dicembre 1856 Monsignor Luigi Fransoni, arcivescovo di Torino, riconobbe con un decreto la personalità giuridica secondo il diritto canonico all'Istituto, con la concessione del privilegio dell'Oratorio per la celebrazione della Messa e le liturgie. Dato il numero crescente di ragazze accolte, nel 1860 Giriodi spostò l'Istituto, comunemente detto "Ritiro della Concezione", ad occupare parte nell'isolato delimitato dalle vie Nizza, Pallamaglio, Valperga Caluso e Saluzzo. Nel 1868 l'istituto ospitava 110 ragazze. All'angolo di via Nizza e via Pallamaglio, l'Istituto ospitava una chiesetta dedicata all'Immacolata Concezione di Maria Vergine. L'abate Giriodi morì il 25 luglio 1895 e venne sostituito dal sacerdote dottore Amato Vincenzo Scala (collaboratore di Giriodi fin dal 1873) che ne continuò l'opera, finalizzata ad accogliere ed educare le giovani ragazze abbandonate. L’attuale chiesa posta, intitolata all'"Immacolata Concezione del S.S. Sacramento", possiede una massiccia facciata con quattro colonne rosse sormontate da capitelli con decorazioni floreali. L'interno invece si presenta a pianta ellittica dagli ampi spazi chiari. Fu costruita all'inizio del '900 su progetto è dell'architetto Enrico Mottura. Le campane della chiesa hanno i ceppi della nota fonderia veronese Cavadini e vengono suonate ancora tramite corda. Fu danneggiata dai bombardamenti dell'8 dicembre 1943. Attualmente la chiesa non è parrocchiale e ospita le Suore Sacramentine di Bergamo, e inoltre ospita la cappellania dell'America Latina. Guida al Borgo San Salvario, volume primo, Agenzia per lo Sviluppo Locale CICSENE, 2001. Giuseppe Isidoro Arneudo, Torino Sacra illustrata nelle sue chiese, nei suoi monumenti religiosi, nelle sue reliquie, Torino, G. Arneodo Editore, 1898. Giuseppe Torricella, Torino e le sue vie, Torino, 1868. Edifici di culto a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dell'Immacolata Concezione Chiesa dell'Immacolata Concezione, su museotorino.it. URL consultato il 17 gennaio 2022.

San Salvario
San Salvario

San Salvario (San Salvari in piemontese) è uno storico quartiere della Circoscrizione 8 di Torino, situato a sud-est del centro storico. Nella sua parte orientale è presente il Parco del Valentino, il più famoso parco torinese, lungo la sponda sinistra del Po. Il quartiere è anche noto per la diffusa popolazione multietnica, presente soprattutto in prossimità della stazione ferroviaria di Porta Nuova.È delimitato: a nord, da Corso Vittorio Emanuele II (confine con il Borgo Nuovo del Centro) a est, dal fiume Po (confine con i quartieri Borgo Po e Cavoretto) a ovest, dal tratto ferroviario Torino-Genova (confine con Crocetta) a sud, da Corso Bramante - Ponte Franco Balbis (confine con Nizza Millefonti). È uno dei quartieri centrali più verdi di Torino, poiché nella sua parte orientale, cioè quella a ridosso della sponda sinistra del fiume Po, è situato il noto parco del Valentino nato come parco di residenza estiva dei Savoia ora adibito a parco pubblico, ricco di percorsi pedonali, locali e circoli, ospita altresì il castello omonimo, oggi sede della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, più il pittoresco Borgo Medievale. La parte occidentale invece è costituita da strette vie e vecchie case, a ridosso di via Madama Cristina-via Nizza e il tratto ferroviario della Stazione Porta Nuova. Già sito di reperti sia di epoca romana sia altomedioevale, il toponimo del quartiere deriva dalla chiesetta (e relativo convento) del 1646, posta sull'odierna via Nizza angolo corso Marconi, a ridosso dei palazzi postali della vicina ferrovia di Stazione Porta Nuova. La chiesetta nacque come San Salvatore di Campagna, o San Solutore (nome riferito a Gesù Cristo Salvatore), quindi successivamente accorciato, dal piemontese Salvari, in Salvario. La chiesetta fu voluta da Madama Cristina, moglie del re Vittorio Amedeo I di Savoia, che desiderava un luogo di culto vicino alla residenza estiva del Castello del Valentino, quest'ultimo sorto nel periodo 1630-1660 per opera degli architetti Carlo e Amedeo di Castellamonte. Quest'ultimo la edificò nel 1646, ma già sette anni dopo vi si insediarono i Servi di Maria, aggiungendovi un convento e un ospedale, quindi ancora Casa delle Serve della Carità di San Vincenzo dé Paoli. Il complesso perse importanza con la soppressione degli ordini religiosi nel 1802, quindi con la secolarizzazione dei beni ecclesiastici nel 1866 e, sempre in quel periodo, la nascita della vicina parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli di Largo Saluzzo. Lo sviluppo urbano intorno alla chiesa di San Salvario fu documentato già da delle carte del 1790, quando era già in progetto una espansione del centro cittadino torinese verso sud, in ciò che diventerà il "Borgo Nuovo" nel 1814-1822 (ovvero la zona situata tra Corso Vittorio Emanuele II, "Via Nuova" - attuale via Roma - e il Lungo Po di Corso Cairoli). Dalla cosiddetta "Porta Nuova di Torino infatti, si usciva direttamente per recarsi sull'attuale via Nizza, quindi sul Corso del "Valentino", poi ribattezzato Corso Marconi, il quale arrivava fin al Castello del Valentino. Per uno sviluppo vero e proprio del borgo bisognerà aspettare l'abbattimento della cinta muraria torinese nel 1840, quando il quartiere cominciò a popolarsi di una nuova borghesia.Nel 1853 fu inaugurata la linea ferroviaria per Genova, ma l'edificio della Stazione Porta Nuova fu iniziato soltanto nell'anno dell'Unità d'Italia (1861), su progetto di Alessandro Mazzucchetti e di un giovane Carlo Ceppi, e terminata soltanto nel 1868, senza inaugurazioni. I successivi ampliamenti della stazione, come lo Scalo Vallino e l'area postale su via Nizza, furono parzialmente colpiti dai bombardamenti della seconda guerra mondiale dell'8 dicembre 1942 e 13 luglio 1943, per cui è frequente il ritrovamento di residuati bellici nella zona.Come capitale dell'appena nato Regno d'Italia (1861), l'amministrazione torinese decise di ampliare il Parco del Valentino, per idea del consigliere Nomis e su imitazione degli eleganti parchi inglesi e francesi, opera del paesaggista francese Barillet-Deschamps.Il ponte sul fiume Po di Corso Dante, opera dell'ingegnere Ghiotti e dedicato alla principessa Isabella di Baviera, futura moglie di Tommaso di Savoia-Genova, fu terminato soltanto nel 1880. Nel periodo 1873-1876 fu edificata, su disegno di Edoardo Arborio Mella, la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù di via Nizza, 56, mentre, in occasione dell'Esposizione generale italiana del 1884, venne realizzato il cosiddetto Borgo Medioevale del Parco del Valentino, su progetto di Alfredo d'Andrade.Nel 1889 l'architetto Carlo Ceppi fu chiamato a progettare la chiesa del Sacro Cuore di Maria di via Morgari, 9, mentre nel 1898, in occasione dell'esposizione nazionale per i cinquant'anni dello Statuto Albertino, a realizzare la Fontana dei Dodici Mesi del Parco del Valentino.Nel periodo 1848-1898 sorsero alcune eleganti palazzine, soprattutto nella zona di via Nizza, via Bidone, via Giuria e Corso Massimo d'Azeglio, a ospitare parte della Facoltà di Medicina e di Chimica e Fisica dell'Università degli Studi di Torino, oltre che le scienze infermieristiche dell'Istituto Rosmini sulla via omonima. Se le esposizioni generali del 1884 e 1898 diedero un forte slancio architettonico al quartiere, l'esposizione internazionale del 1911 fu un ulteriore successo. In tale occasione il già elegante e prestigioso ponte di Corso Vittorio Emanuele II sul fiume Po, realizzato soltanto quattro anni prima e dedicato a Umberto I, fu arricchito di ulteriori statue per il cinquantenario dell'Unità d'Italia. Per il decennale della fine della prima guerra mondiale poi, fu decisa la costruzione di un terzo ponte sul fiume Po, quello di Corso Bramante, terminato nel 1927 e dedicato a Vittorio Emanuele III, quindi rinominato e dedicato al partigiano torinese Franco Balbis nel 1948. Nel 1930 fu eretto l'imponente Arco del Valentino su Corso Cairoli, dedicato all'Arma dell'Artiglieria, su progetto di Pietro Canonica; nello stesso periodo, l'imponente edificio neoclassico dell'Istituto elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris. Otto anni più tardi verrà poi realizzato il complesso di Torino Esposizioni, sorto come esposizione nazionale per la Moda, da un'idea di Ettore Sottsass. Salvo che per le prime officine Fiat, che dalla storica sede di corso Dante/corso Massimo d'Azeglio furono ben presto trasferite nella sede Lingotto nel 1915, il quartiere non ebbe uno sviluppo industriale. Lo sviluppo economico si accentrò solo sul lavoro di scarico merci sul lato orientale della ferrovia di Porta Nuova. L'unica industria di un certo rilievo, dal 1929, fu la Microtecnica di Piazzetta Graf, nota nel settore aerospaziale e ancor oggi attiva, assorbita dalla statunitense United Technologies Corporation. Attualmente il quartiere ospita svariate attività culturali, artigianali e di terziario in genere. Sul finire del XX secolo si sviluppò, inoltre, una vivace vita notturna, specialmente nella zona tra via Madama Cristina e via Nizza. Ai locali multietnici, si sono aggiunti pub, rhumerie, bistrot, ristoranti e rosticcerie di ogni tipo e di ogni etnia, tuttavia in degli spazi relativamente ridotti. Il quartiere ospita altresì due mercati rionali, uno in piazza Madama Cristina e l'altro in piazza Nizza (fino al termine dei lavori della Metropolitana di Torino ospitato provvisoriamente in corso Raffaello). Il quotidiano torinese La Stampa, uno dei maggiori a livello nazionale, ha le sue sedi (subito dopo la prima sede di nascita di via Roma) proprio in questo quartiere, dapprima in via Marenco, vicino al Parco del Valentino e, dal 2012, in via Lugaro. Oltre alle sedi culturali già citate, il quartiere ospita altresì il museo di antropologia criminale "Cesare Lombroso" e quello di anatomia umana "Luigi Rolando", più il Museo della Frutta (Collezione "Francesco Garnier Valletti"), il Teatro Nuovo (di epoca contemporanea a Torino Esposizioni), il Cineteatro Baretti, nell'omonima via, quasi in Largo Saluzzo, infine il Teatro Colosseo (del 1969), su via Madama Cristina. Negli anni 1990, il quartiere vide la nascita di decine di associazioni socio-culturali multietniche, ancor oggi esistenti e che, nel 2003, si unificarono in un'unica agenzia onlus per lo sviluppo locale. Nel 2010 l'agenzia aprì la sua sede alla Casa del Quartiere di via Morgari angolo via Belfiore, (adiacente alla chiesa del Sacro Cuore di Maria) come sede centrale ricreativa, culturale e multietnica. Dal 2013 - 2014, l'area dell'ex Scalo Vallino (tra via Nizza e la linea ferroviaria, a sud della stazione) è oggetto di lavori di riqualificazione per un nuovo campus universitario, sul progetto Clinical Industrial Research Park ("CIR Park"), in collaborazione con il Centro Universitario Dipartimento di Biotecnologie Molecolari di via Nizza, 52. All'interno dell'area, una via di nuova costruzione è stata intitolata nel dicembre 2020 al cantautore e ferroviere Gianmaria Testa. Parrocchia del Sacro Cuore di Maria, di Carlo Ceppi (1887), sita in via Morgari, 9. Parrocchia-Santuario del Sacro Cuore di Gesù, di via Nizza, 56, fu voluta da monsignor Gastaldi sulle rovine dell'allora cascina Pertusa, con disegni dapprima in stile neogotico, poi trasformati in neoromanico, dall'architetto vercellese Arborio Mella, fu completata nel 1876. Parrocchia dei San Pietro e Paolo Apostoli, sita in Largo (già via) Saluzzo, 25, sorta nel 1852 come succursale della chiesa B.V. delle Grazie del quartiere Crocetta), sempre col nome di San Salvatore, quindi terminata nel 1865 e dedicata ai San Pietro e Paolo Apostoli, oggi importante centro religioso multiculturale. Chiesa di San Giovanni Evangelista Chiesa di San Salvario, situata in Via Nizza all'incrocio con corso Marconi. Fu costruita in stile barocco nel 1645 per opera di Carlo e Amedeo di Castellamonte sull'impianto della precedente chiesa dedicata a San Salvatore risalente del XII secolo. L'altare della cappella è intitolato alla Vergine Immacolata e realizzato con marmi policromi da Frabosa, Busca e Valdieri. Dà il nome al quartiere. Sinagoga ebraica, sita in via San Pio V, in quel tratto pedonalizzata per ragioni di sicurezza (dando così luogo alla Piazzetta Primo Levi), fu innalzata nel 1880-1884 dall'architetto Enrico Petitti, grazie all'allora comunità ebraica, che avevano rinunciato all'iniziale sito del loro tempio in quel che sarà la futura Mole Antonelliana. Tempio Valdese, eretto nel 1853 su Corso Vittorio Emanuele II e relativo Ospedaletto Valdese. Il quartiere vanta anche diversi edifici in stile Liberty torinese degne di rilievo, come le prime officine Fiat, le officine meccaniche in Corso Raffaello e Villa Javelli, in via Petrarca, 44, opera del 1904 dell'architetto Raimondo d'Aronco. Verso la zona Corso Massimo d'Azeglio, si trovano alcuni edifici architettonici sedi di storiche facoltà universitarie, di cui alcuni sempre in stile Liberty torinese, quali il Museo di Anatomia Umana Luigi Rolando (Corso Massimo d'Azeglio, 52), provvisto di una bizzarra stretta torretta medioevale, e che ospita, sul retro (via Pietro Giuria), il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso; oppure la massiccia facciata, con colonnato bianco, dell'antica sede dell'Istituto elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris (Corso Massimo d'Azeglio, 44). Piccolo obelisco commemorativo dell'11 marzo 1821, data del giuramento alla "Libertà d'Italia" del periodo risorgimentale e dei moti di Santorre di Santa Rosa, posto in Largo Marconi, proprio vicino alla chiesetta San Salvario. Monumento a Felice Govean, giornalista massone del XIX secolo, simbolo della libertà del giornalismo torinese dell'epoca. La bronzea statua, alta 7 metri appoggiata su un basamento in pietra di 4 metri, rappresenta il mezzo busto del giornalista su una colonna, con alla base un ragazzino che tiene una penna e una bandiera italiana; fu eseguito dallo scultore Francesco Sassi nel 1906. L'opera si trova nella piazzetta omonima, alla confluenza di V. M. Cristina/V. Belfiore/V. Petrarca. Il Condominio 25 Verde è un edificio residenziale che rappresenta il primo esperimento di bioarchitettura ecosostenibile in città su progetto di Luciano Pia. L'edificio è situato a pochi passi dal Parco del Valentino e dal Centro Storico Fiat. Chiesa dell'Immacolata Concezione, sita in via Nizza 47. Costruita all'inizio del Novecento su progetto di Enrico Mottura, fu danneggiata dal bombardamento dell'8 dicembre 1943. Altre opere sparse nel Parco del Valentino, tra le più importanti: Castello del Valentino (1630-1660), prestigioso edificio opera di Carlo e Amedeo di Castellamonte. Borgo Medioevale, il pittoresco castello del 1884 costruito sulle rive del Po. Monumento equestre, posto sulla piazzetta d'ingresso del percorso floreale di fianco a Torino Esposizioni, e dedicato a Amedeo I (1845-1890), primo duca dei Savoia-Aosta, statua in bronzo opera di Davide Calandra (1902). Fontana del Ceppi, meglio conosciuta come dei "Fontana dei Dodici mesi". Statua di Massimo d'Azeglio, opera di Balzico del 1873, posta sul corso omonimo angolo Corso Vittorio Emanuele II. Successivi interventi si sono succeduti dall'anno 2015 su facciate cieche di condomini o su muri di edifici come il Teatro Colosseo (nel 2016) o la Clinica "Sedes Sapientiae" (aprile 2017) a cura di street artists italiani e internazionali, creando un percorso molto originale tra le vie del quartiere, date anche le grandi dimensioni degli interventi eseguiti. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Salvario Città di Torino - Circoscrizione 8, su comune.torino.it.

Stazione di Torino Porta Nuova
Stazione di Torino Porta Nuova

La stazione di Torino Porta Nuova (Pòrta Neuva in piemontese) è la principale stazione ferroviaria torinese, la terza in Italia per traffico dei passeggeri. Il nome di "Porta Nuova" lo si deve al nome della nuova Porta meridionale del 1620, dovuta al primo ampliamento del centro storico di Torino verso la cosiddetta "Città Nova", ovvero l'espansione urbana voluta soprattutto verso sud da parte di Carlo Emanuele I di Savoia. Abbattuta infatti l'antica porta meridionale di via Santa Teresa angolo via San Tommaso (detta "Porta Marmorea") agli inizi del XIV secolo, la prima "Porta Nuova" in muratura del 1620 fu solo provvisoria, posta tra l'attuale Piazza Carlo Felice e il tratto iniziale della cosiddetta Via Nuova (odierna via Roma). La "porta" doveva, infatti, far parte soltanto del più ampio progetto scenografico della città, organizzato essenzialmente per l'arrivo di Cristina di Francia, avvenuta lo stesso anno, in occasione delle sue nozze con il duca Vittorio Amedeo I di Savoia. La porta provvisoria fu abbattuta già nel 1622, mentre la "Porta Nuova" definitiva fu eretta alla convergenza della via Nuova (via Roma) con l'attuale via Gramsci: di piccole proporzioni, fu dotata di quattro colonne marmoree bianche, in stile ionico. Questa fu poi abbattuta durante l'occupazione napoleonica a Torino del 1802. Dopo il 1814, durante la Restaurazione torinese, comparve il nuovo progetto di ulteriore espansione della città verso sud, con il Borgo Nuovo, quindi l'unione col vicino quartiere San Salvario. Nel progetto, fu inserito anche il cosiddetto Viale del Re (l'attuale Corso Vittorio Emanuele II), il rimaneggiamento di Via Roma e il progetto della futura Piazza Carlo Felice, opera del 1861 di Jean-Pierre Barillet-Deschamps, con i portici di Giuseppe Leoni, Giuseppe Frizzi e Carlo Promis. Nel 1860 esisteva in zona una stazione provvisoria, denominata Scalo delle Ferrovie del Governo. I lavori per la costruzione dell'edificio principale della stazione, caratterizzato dalla tipica volta centrale e le ampie vetrate, iniziarono nel dicembre 1861, sotto la direzione di Alessandro Mazzucchetti e la collaborazione del giovane architetto Carlo Ceppi. I dipinti della sala d'aspetto furono opera di Francesco Gonin. La stazione fu parzialmente aperta alla viabilità urbana circostante il 22 dicembre 1864, mentre i lavori dell'edificio, con gli accessi laterali su via Nizza e via Sacchi, furono interamente completati soltanto nel 1868, tuttavia senza alcuna inaugurazione ufficiale. La stazione poi, fu ancora ampliata più volte lungo gli anni immediatamente successivi. Negli anni 1920, vennero elettrificati in trazione elettrica a corrente alternata trifase la ferrovia Torino-Bardonecchia (il 26 novembre 1920) e la ferrovia Torino-Genova conseguentemente anche il nodo di Torino e la stazione di Porta Nuova furono interessati; la conversione in trazione elettrica a corrente continua avvenne nel 1961, in concomitanza dell'elettrificazione della ferrovia Torino-Milano, e fu inaugurata festosamente il 9 giugno dello stesso anno, alla presenza del ministro dei Trasporti Giuseppe Spataro. Durante i lavori di conversione dalla corrente alternata alla corrente continua, le locomotive in corrente continua in arrivo e in partenza dallo scalo venivano scortate da locomotive a vapore o diesel. Dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale, il complesso fu interamente riorganizzato fra il 1948 e il 1953, su progetto dell'ingegnere Paolo Perilli. In questo periodo, la stazione fu altresì dotata di lunghi passaggi pedonali sotterranei, collegati con la prospiciente Piazza Carlo Felice. È del 1995 invece, l'attivazione dell'ACEI per la gestione del traffico nel piazzale binari concentrato in un'unica cabina; prima di allora, questo era controllato da apparati ACE (originariamente ACI, trasformati in ACE nel 1972) distribuiti su quattro cabine (Cabina A Binari 1-8 e fascio ricoveri est, Cabina B Binari 9-20 e fascio ricoveri ovest, Cabina C arrivi e partenze da e per Torino Smistamento e da e per la Squadra Rialzo, Cabina D arrivi e partenze da e per il deposito merci a grande velocità di Via Nizza) sopraelevate sparse nel piazzale. Fu soltanto nel 2005, per i XX Giochi Olimpici Invernali del 2006, che la stazione e le aree circostanti furono inserite nel programma di riqualificazione dei principali scali italiani, curato da "Grandi Stazioni". L'area si estende per 97.070 m², di cui i fabbricati occupano 92.747 m². Di questi, 44.146 sono stati oggetto della prima fase dell'opera di riqualificazione. I cantieri, tuttavia, si prolungarono per anni, quasi contemporanei alla costruzione della seconda stazione della città, la stazione sotterranea di Porta Susa. I disagi per i lavori in corso terminarono quasi completamente soltanto nel 2009, con una simbolica cerimonia d'inaugurazione. Gli atri interni all'edificio furono completamente modificati in funzione di tecnologie ed innovazioni più moderne. Altri importanti lavori furono terminati nel 2016, con l'inaugurazione del parcheggio sotterraneo, e nel 2017, con la riqualificazione dei negozi, dei portici di Piazza Carlo Felice, via Sacchi e Via Nizza e delle banchine dei 20 binari della stazione. Nel 2021, inoltre, è entrata in funzione la velostazione. L'impianto è gestito da RFI, è configurato come stazione di testa ed è composto da 20 tronchi di coppie di rotaie, numerati in modo crescente da sinistra a destra rispetto alla visuale dal fabbricato viaggiatori. Il fabbricato viaggiatori, la cui area commerciale è gestita da Grandi Stazioni, si articola su più livelli distinti: piano sotterraneo, occupato da locali delle divisioni FS e dai magazzini delle attività commerciali e dal collegamento diretto con la metropolitana; piano terra, sede dei binari, costituito dal fabbricato viaggiatori (dove si concentrano i servizi ai passeggeri, le attività commerciali, la chiesa cattolica, il Salone degli Stemmi e la Sala del Collegio degli Ingegneri, vale a dire la sfarzosa ex sala reale d'attesa di prima classe meglio nota come Sala Gonin) e da altri sette edifici distribuiti lungo via Nizza e via Sacchi, occupati dalla centrale termica, da uffici e locali tecnici delle divisioni FS; mezzanino, attività commerciali; piani superiori, sede di uffici e dei servizi postali; interno della stazione (dal 15 dicembre 2021), zona commerciale "Il Terrazzo Food Lounge", con Rossopomodoro, McDonald's, Kono Creperia, Starbucks, La Piadineria, Old Wild West, Heineken Beers & Bar, Harry's Bar e Waikiki Poke. Porta Nuova è la terza stazione italiana per flusso di passeggeri, con circa 192.000 transiti giornalieri e 70 milioni di frequentatori annui, su un totale di circa 450 treni al giorno. È capolinea della relazione dell'alta velocità per Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Salerno. È servita dai treni del Servizio ferroviario regionale del Piemonte e dai treni della linea 3 del Servizio ferroviario metropolitano di Torino, nonché dai collegamenti a lunga percorrenza gestiti da Trenitalia e da Italo-NTV. È inoltre punto di arrivo di diverse tratte ferroviarie nazionali e internazionali. La stazione, che RFI classifica nella categoria platinum, dispone di: Caffetteria Biglietteria a sportello Biglietteria automatica Deposito bagagli Polizia ferroviaria Primo soccorso Ristorante Sala d'attesa Servizi igienici Ufficio oggetti smarriti Negozi La stazione consente l'interscambio con le linee di autobus del trasporto pubblico torinese e dei tram della rete tranviaria, oltre alla linea 1 della metropolitana. Vi fanno inoltre capolinea linee extraurbane da tutta la città metropolitana e la linea Sadem per l'aeroporto di Caselle. Fermata metropolitana (Porta Nuova) Fermata tram (linee 4, 9 e 7) Fermata bus GTT (linee 6, 11,12, 15, 33, 35, 52, 58, 58/, 61, 64, 67, 68) e navette per l'aeroporto Stazione taxi Autonoleggio Parcheggio d'interscambio Velostazione Stefano Garzaro, La stazione di Torino Porta Nuova, in I Treni Oggi n. 35, gennaio 1984. Luigi Ballatore e Fausto Masi, Torino Porta Nuova, Roma, Edizioni Abete, 1988. Architettura e progetti per la stazione di Torino Porta Nuova. Lo sviluppo urbano della Stazione di Torino P.N. in 150 anni di storia, in La Tecnica Professionale, n. 11, novembre 2015. Stazione di Torino Porta Milano Rete tranviaria di Torino Stazione di Torino Dora Stazione di Torino Porta Susa (1856) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla stazione di Torino Porta Nuova Sito ufficiale, su torinoportanuova.it.

Sinagoga di Torino
Sinagoga di Torino

La Sinagoga di Torino è il principale luogo di culto della comunità ebraica di Torino. È situato in Piazzetta Primo Levi (già Via San Pio V) nel quartiere multietnico San Salvario, poco distante dalla stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova. Nel 1848 gli ebrei ottennero l'emancipazione. Nel 1861, per festeggiare questo nuovo status di vita (prima erano, così come nel resto d'Italia, confinati nel ghetto) decisero di far erigere una nuova sinagoga di grandi proporzioni, che fosse degna del ruolo di Torino, allora capitale del Regno d'Italia. Come progettista venne scelto Alessandro Antonelli, che ideò l'attuale Mole Antonelliana. Ben presto però le dimensioni e i costi del futuro Tempio divennero troppo elevati, così la comunità decise di vendere la struttura al comune di Torino e di costruire un'altra sinagoga di dimensioni più piccole, affidando il progetto all'architetto Enrico Petiti. Il 16 febbraio 1884, dopo quattro anni di lavoro, la nuova sinagoga venne inaugurata. Enrico Petiti progettò una struttura di dimensioni massicce a pianta rettangolare. Ai quattro angoli si ergono quattro grandi torrioni alti 27 metri sormontati da cupole a cipolla. Come nel caso di molte altre sinagoghe dell'epoca, lo stile neo-moresco fu scelto per distinguere il tempio dagli altri edifici religiosi della città. Al suo interno la sinagoga presenta un'ampia sala lunga 35 metri, alta 16 e larga 22. Il matroneo posto al primo piano percorre il tempio su tre lati. La spaziosa sala, capace di contenere 1.400 persone, era ricca di decorazioni, con un soffitto a cassettoni. Il 20 novembre 1942, durante un bombardamento, il tempio fu colpito da uno spezzone incendiario. I danni agli arredi e alle decorazioni furono ingentissimi; si salvarono solo le strutture murarie. Dopo i primi interventi di consolidamento nel settembre 1945, l'interno fu ricostruito e ridecorato nel 1949. Il Tempio, oggi sproporzionato rispetto alle dimensioni della comunità, viene usato solo in occasione delle festività più importanti. Nei sotterranei del Tempio si trovano due piccole sinagoghe, che sono usate per le funzioni giornaliere. Furono realizzate nel 1972, su progetto degli architetti Giorgio Olivetti e Giuseppe Rosenthal. Il primo tempietto, di rito italiano, è a forma di anfiteatro. Fu ricavato in locali prima adibiti alla cottura delle azzime. Le pareti furono lasciate grezze, con mattoni a vista. Gli arredi sacri (Aron e Tevàh), in stile barocco, provengono dalla sinagoga di Chieri e sono di notevole fattura. Il secondo tempietto, più piccolo, è diviso con un muretto di mattoni da una sala di preghiera. In questa sala davanti ad un pregevole aron in legno sono presenti sei file di banchi. L'aron settecentesco proviene da una sinagoga di rito tedesco, che si trovava nell'allora ghetto nuovo. Nel 1849 fu dipinto di nero in segno di lutto in seguito alla morte di Carlo Alberto di Savoia, colui che firmò il decreto in cui si liberalizzava la religione ebraica. Fu successivamente trasferito nella vecchia casa di riposo di piazza Santa Giulia, dove rimase fino al 1963. Sulle piccole due ante sono riprodotte immagini dorate che ricordano Gerusalemme. Annie Sacerdoti, Guida all'Italia ebraica, Genova, Marietti, 1922, ISBN 88-211-8955-4. Lista delle sinagoghe d'Italia Edifici di culto in Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla sinagoga di Torino Sito ufficiale della comunità ebraica di torino, su torinoebraica.it.

Palazzo Priotti
Palazzo Priotti

Il Palazzo Priotti è un edificio storico della città di Torino. Rappresenta una delle prime sperimentazioni che, da un'impostazione ancora evidentemente eclettica, lascia trasparire primi stilemi liberty. L'edificio è compreso nel quartiere Centro e sorge a pochi metri di distanza dalla stazione di Porta Nuova, anch'essa progettata da Carlo Ceppi. La progettazione di questo edificio risale a un periodo particolarmente felice per il capoluogo sabaudo. Nella seconda metà dell'Ottocento, infatti, la città visse un inatteso periodo di rinnovamento ed una nuova espansione in conseguenza della sua nuova vocazione industriale. La progettazione dell'edificio venne inizialmente affidata dalla famiglia Priotti all'architetto Camillo Riccio, rimaneggiando una costruzione preesistente risalente al 1861 e progettata dall'architetto Blachier. Il vecchio edificio era noto in città per ospitare sin dal 1865, sull'angolo dell'attuale via Urbano Rattazzi, il celebre Caffè Burello, abituale ritrovo di viaggiatori e dell'aristocrazia, ma anche dell'emergente borghesia torinese. In seguito all'improvvisa morte dell'architetto Riccio nel 1899 il progetto venne affidato a Carlo Ceppi, già noto per aver realizzato numerose residenze, alcune chiese e la recentissima stazione di Porta Nuova. La costruzione dell'edificio terminò nel 1901 e apparve da subito un elegante esempio di eclettismo già molto influenzato dal nascente stile liberty che caratterizzò il panorama architettonico torinese del successivo decennio. Nel 1913 l'edificio divenne proprietà della famiglia Frisetti che, al posto della patinoire ubicata nella corte interna, fece realizzare su progetto dell'architetto Eugenio Ballatore di Rosana una sala cinematografica che, dopo ulteriori riadattamenti, esiste ancora ai giorni nostri come Cinema Ambrosio. Risparmiata dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, l'edificio attualmente è sede di alcuni studi professionali e residenze private. Realizzato su progetto di Carlo Ceppi l'edificio sorge al confine del centro storico con il quartiere San Salvario e si sviluppa su cinque piani fuori terra, più il piano mansardato. Il piano stradale ospita locali commerciali e il noto Cinema Ambrosio sormontati dal tipico mezzanino e gode di una privilegiata collocazione lungo l'asse di corso Vittorio Emanuele II, mentre è percorso lateralmente da via Urbano Rattazzi e via Carlo Alberto. L'edificio presenta un largo uso di decorazioni in litocemento e si inserisce armonicamente nel contesto urbano del corso che, in quegli anni, fu rinominato intitolandolo alla memoria di Vittorio Emanuele II. L'architettura si distingue per un ricco apparato decorativo che manifesta una commistione di primi elementi liberty, allo stile barocco tanto caro al Ceppi. La facciata principale di corso Vittorio Emanuele II determina la fine del percorso porticato progettato dall’architetto Carlo Promis che coinvolge tutti gli edifici intorno alla stazione di Porta Nuova e all'adiacente piazza Carlo Felice. Essa è caratterizzata da grandi conchiglie che accolgono i bovindi, alternate da analoghe conchiglie fanno da sostegno ai balconcini riccamente decorati con ringhiere in ferro battuto. Il susseguirsi di decorazioni, stucchi, sculture, rendono i prospetti particolarmente ricchi e la cimasa centrale della facciata principale rappresenta la cifra stilistica tipica del Ceppi, quest'ultimo elemento decorativo già riscontrato in palazzo Ceirana-Mayneri, sormonta un ampio lucernario tripartito da colonne a torciglione, fregi, pinnacoli e abbondanti decori in litocemento. M1 Metropolitana Fermi - Lingotto (fermata Porta Nuova). AA.VV., Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Torino, Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, 1984, ISBN non esistente. Vera Comoli Mandracci, Le città nella storia d'Italia(collana), Roma-Bari, Laterza, 1983, ISBN non esistente. Paolo Scarzella (a cura di),, Torino nell'Ottocento e nel Novecento. Ampliamenti e trasformazioni entro la cerchia dei corsi napoleonici, Torino, Celid, 1995, ISBN non esistente. Mila Leva Pistoi, Mezzo secolo di architettura 1865-1915. Dalle suggestioni post-risorgimentali ai fermenti del nuovo secolo, Torino, Tipografia torinese, 1969, ISBN non esistente. Rossana Bossaglia, Il Liberty in Italia, Charta, 1997, ISBN 88-8158-146-9. Carlo Ceppi Eclettismo (arte) Liberty a Torino Ville e palazzi di Torino Caffè Burello Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Priotti