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Horti Sallustiani

Architetture di Roma scomparseGiardini antichi di RomaPagine che utilizzano l'estensione KartographerRoma R. XVII SallustianoVoci con codice GND
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Piranesi 10047
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Gli Horti Sallustiani (i Giardini di Sallustio) erano i giardini fatti edificare dallo storico e senatore della repubblica romana Gaio Sallustio Crispo nel I secolo a.C., sembra grazie ai fondi illecitamente ottenuti durante la sua propretura in Africa Nova. I giardini si estendevano in una vasta area nella zona nordorientale di Roma, in quella che sotto Augusto sarebbe divenuta la Regio VI; l'area era compresa tra i colli Pincio e Quirinale, tra il proseguimento della via Alta semita (attuale via XX Settembre), la via Salaria, le Mura Aureliane e l'attuale via Veneto, poco dopo la Porta Salaria. Con gli Horti Sallustiani terminava la serie di giardini fra il Campo Marzio e Porta Collina, una parete ininterrotta di verde fino al Pincio, considerata zona riservata a ville, data la particolare configurazione del terreno in pendio, separato da Campo Marzio ed, egualmente, dalla campagna, attraverso una depressione oggi nota come viale del Muro Torto: nella pianura la serie di sepolture (fra cui quella di Nerone) separava i giardini dalla campagna circostante. L'area dove oggi si estendono i resti della dimora dello storico prende il nome di rione Sallustiano.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Horti Sallustiani (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Horti Sallustiani
Piazza Sallustio, Roma Municipio Roma I

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Horti Sallustiani

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Piranesi 10047
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Luoghi vicini

Palazzo delle Finanze
Palazzo delle Finanze

Il Palazzo delle Finanze è un palazzo storico di Roma, sede del Ministero dell'economia e delle finanze. Voluto da Quintino Sella, che pensò di ospitare qui i 2.200 dipendenti del Ministero delle finanze del Regno d'Italia (compreso il personale della Corte dei conti e delle direzioni generali del Tesoro, del Demanio, del Debito pubblico e della Cassa depositi e prestiti), fu realizzato in cinque anni. Oggi ospita 7.295 unità di personale. Il progetto è dell'ingegner Raffaele Canevari, in collaborazione con altri importanti architetti dell'epoca. Di Francesco Pieroni è il portico rinascimentale interno, di Ercole Rosa l'ingresso di via XX Settembre e di Pietro Costa l'ingresso di via Cernaia. La costruzione dell'edificio fu appaltata alla Società Veneta Costruzioni Pubbliche, di cui Vincenzo Stefano Breda era socio fondatore e presidente. L'avvio della costruzione del palazzo, insieme ai lavori di ammodernamento della Stazione Termini (già Pio Centrale), segnò l'avvio dell'irresistibile ondata di espansione urbana che portò alla nascita, secondo il piano regolatore di Luigi Pianciani del 1873, dei "nuovi" rioni di Roma - il quartiere Macao o dell'Indipendenza (rione Castro Pretorio, di cui il Palazzo delle Finanze è parte), il Sallustiano, il Ludovisi, l'Esquilino - dopo lo spostamento a Roma della capitale del Regno d'Italia. Per i lavori di costruzione del Ministero furono demoliti i resti di Porta Collina, una delle porte superstiti delle antiche mura serviane, e furono coperti anche parte dei resti delle Terme di Diocleziano. L'edificio è lungo 300 metri e largo 120; si estende su di una superficie coperta pari a 137.711 m2. Il Palazzo delle Finanze, quale primo grande edificio pubblico della nuova capitale del Regno d'Italia, ospitò per un certo periodo anche il Consiglio dei Ministri, nella cosiddetta Sala della Maggioranza. La volta della sala, decorata da Cesare Mariani, rappresenta al centro l'allegoria dell'Italia e ai quattro lati, affacciati a delle balaustre, i quattro gruppi che idealmente hanno determinato l'unità e l'indipendenza della nazione: casa Savoia, i condottieri militari, i politici-legislatori e i poeti-filosofi. Il lampadario centrale, originale, in ferro battuto e decorazioni dorate è di Francesco Pieroni. Di notevole valore è anche la Sala del Parlamentino, storicamente sede delle udienze pubbliche della Corte dei conti: a coronamento del volume a doppia altezza, secondo il progetto di Domenico Bruschi e Cecrope Barilli, il pregiato soffitto a cassettoni a motivi floreali. Di particolare pregio la Sala azzurra, una sala riunioni del Direttore generale del Tesoro con vetrate di pregio dell'antica Vetreria De Matteis di Firenze. Dal 1961 al 2014 è stato collocato nel Palazzo delle Finanze il Museo numismatico della Zecca Italiana gestito dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che custodisce oltre ventimila opere numismatiche, tra monete, medaglie, bozzetti ed altri oggetti di conio. Larga parte della collezione, di alto pregio, fu incorporata dal Gabinetto Numismatico della Zecca Vaticana a seguito della presa di Roma nel 1870. Il museo è dal 2016 nella nuova sede di via Salaria 712. Tra il 2003 e il 2006 sono stati realizzati quattro rilevanti interventi di riqualificazione degli spazi del palazzo, che hanno inserito elementi moderni e tecnologici nell'architettura dell'edificio: l'ingresso in cristallo e acciaio denominato Porta dell'Europa, il Pool informatico DT-RGS, la nuova biblioteca del Dipartimento del Tesoro e il Polo multifunzionale RGS. Questi quattro interventi sono descritti nella bibliografia recente sul Palazzo; gli ultimi tre sono stati progettati dall'architetto Daniele Durante. Ermanno Polla, Il Palazzo delle Finanze di Roma capitale, 1979, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ISBN 88-24-01407-0 AA.VV., Il Palazzo del Tesoro e delle Finanze, 1989, Editalia, ISBN 978-88-70-60190-9 Ministero dell'economia e delle finanze (a cura di), Il Palazzo delle Finanze in Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2007, edizione limitata Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo delle Finanze Il Palazzo nel sito del Ministero, su mef.gov.it.

Chiesa del Sacro Cuore di Gesù (Roma)
Chiesa del Sacro Cuore di Gesù (Roma)

La chiesa del Sacro Cuore di Gesù è un luogo di culto cattolico di Roma, situato nel rione Sallustiano, in via Piave. La chiesa è di recente costruzione, edificata nel 1914-1916 su progetto di Aristide Leonori; il prospetto dà su via Piave, ma nel progetto originario essa doveva affacciarsi su via XX Settembre. È separata dalla strada da una cancellata in ferro battuto. La facciata è preceduta da un avancorpo centrale, alla base del quale vi è l'accesso principale all'edificio costituito da un loggiato a cinque arcate al quale si accede tramite due rampe laterali. L'interno si presenta a tre navate divise da colonne che sostengono a loro volta un matroneo. La volta è a ogiva. Sopra il matroneo si aprono delle finestre decorate con vetri provenienti da Monaco di Baviera raffiguranti diversi santi, i cui nomi corrispondono al nome dei familiari dell'architetto Leonori. Le vetrate del breve transetto rappresentano invece, a destra l'Istituzione dell'Eucaristia e il Sacrificio di Melchisedec; a sinistra, l'Adorazione dell'Eucaristia da parte di tutte le razze. Sulla cantoria in controfacciata, l'organo a canne. Le due navate laterali terminano con absidi, che contengono due tele, un Sant'Ignazio di Loyola, ed una copia della Madonna della strada, il cui originale è conservato nella Chiesa del Gesù. Nell'abside centrale, impreziosito da marmi e mosaici, è raffigurato un Cristo fra santi. Una cancellata in legno che separava il presbiterio dalle navate è oggi sostituita da una in ferro battuto. Tutta la chiesa è impreziosita da opere del Gabrini. La chiesa appartiene alle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, il cui convento è annesso alla chiesa. C. Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Roma 2000, pp. 87–88 ISBN 978-88-541-1833-1 C. Cerchiai, Rione XVII Sallustiano, in AA.VV, I rioni di Roma, Newton & Compton Editori, Roma 2000, Vol. III, pp. 1038–1063 Carlo Ceschi, Le chiese di Roma: dagli inizi del neoclassico al 1961, Bologna, Cappelli, 1963, ISBN non esistente. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa del Sacro Cuore di Gesù Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, su acjitalia.org. URL consultato il 16 gennaio 2016.

Porta Collina
Porta Collina

La Porta Collina era una porta nelle Mura serviane di Roma, distrutta a fine XIX secolo, da cui uscivano le vie Nomentana e Salaria. Si trovava all'incirca all'incrocio tra le attuali via Goito e via XX Settembre, sotto l'angolo del Palazzo delle Finanze, per la cui costruzione i resti della porta furono demoliti nel 1872. Significativo è il commento che ha lasciato, in proposito, il Lanciani, testimone dei pesanti interventi urbanistici attuati per il piano regolatore della nuova Capitale: “Per quanto importanti possano essere questi lavori non potranno mai compensare la distruzione seguita contemporaneamente delle mura di Servio: rovina venerabile la quale dopo sfidata per 25 secoli l'azione devastatrice del tempo e degli uomini, costringe ora i demolitori a ricorrere alla forza della polvere da sparo”. In effetti, la porta Collina era stata testimone, nei secoli, di moltissimi degli eventi che hanno segnato la storia militare e politica di Roma. Teatro di battaglie di antiche guerre contro Galli, Sabini ed Etruschi, l'avvenimento più noto fu quando nel 211 a.C., nel pieno della seconda guerra punica, Annibale, posto l'accampamento a 3 miglia di distanza, sull'Aniene, si avvicinò con 2.000 cavalieri numidi alla porta e arrivato fino al “punto più vicino che poteva raggiungere, contemplava a cavallo le mura e il sito della città”. Ma da qui erano anche passati, nel 390 a.C., quei Galli che, saccheggiata Roma, si erano spinti fin sul Campidoglio. E ancora prima, nel 508, durante le guerre etrusche dell'ultimo periodo monarchico, Porsenna, re di Chiusi, aveva posto in questa zona l'assedio alla città, e vi si combatté prima che l'eroico atto più o meno leggendario di Muzio Scevola convincesse il nemico a chiudere le ostilità. Qui erano arrivati i Sabini nel 284, i Fidenati e i Veienti nel 319 e i Prenestini nel 376. Qui, nell'82 a.C., si combatté la battaglia di Porta Collina, in cui Silla annientò l'ultima resistenza dei partigiani di Mario. Sempre dalla porta Collina nel 449 entrò l'esercito plebeo in rivolta che, attraversata tutta l'Urbe, arrivò fino all'Aventino dove già si era radunato l'altro esercito plebeo: era la “seconda secessione plebea” e si lottava per la difesa dei diritti del popolo, contro i decemviri e per vendetta contro le offese di Appio Claudio; i due eserciti riuniti, accompagnati da metà della popolazione, uscirono poi di nuovo dalla porta Collina per asserragliarsi sul Monte Sacro (sul quale si erano già rifugiati nel 494 durante la prima secessione), dove aspettarono che il Senato ristabilisse finalmente l'istituto del tribunato della plebe ed abolisse l'odiato strapotere dei decemviri. La porta Collina, come anche la Viminale, l'Esquilina e la Querquetulana, risalgono quindi a un periodo molto antico, circa un paio di secoli precedente a quello della costruzione delle mura serviane. Sembra infatti che le quattro porte originarie si possano far risalire all'ampliamento della città operato dal re Servio Tullio, che comprese nel territorio dell'Urbe, oltre alle alture già inserite tra gli iniziali sette colli, anche il Quirinale (Collis Quirinalis), il Viminale, l'Esquilino e il Celio (Querquetulanus, cioè coperto di boschi di querce). Della stessa epoca è ovviamente anche il primo baluardo difensivo che le collegava tra di loro. Del resto tutta la parte nord dell'antica Roma, essendo completamente pianeggiante, era la più esposta e di conseguenza si era dovuto provvedere, fin dai tempi della monarchia, a proteggerla con la massima cura, con la costruzione dell’agger lungo tutto il tratto dei circa 1.300 m dalla Porta Collina all'Esquilina. Un indizio dell'antichità di queste porte è fornito, secondo gli studiosi, anche dal loro nome, che deriva direttamente da quello dell'altura cui davano accesso, anziché essere l'aggettivazione di qualche monumentalizzazione (templi, altari, ecc.) lì presente, che non può che essere successiva all'inglobamento dell'area nel perimetro urbano. La struttura della porta, almeno nella forma più antica, era molto semplice, costruita in blocchi di tufo. La sua delicata posizione strategica suggerì di difenderla con un alto muraglione e una torre massiccia. Dalla Porta Collina uscivano le vie Salaria e Nomentana, in prosecuzione del vicus Portae Collinae che scendeva direttamente dal colle Quirinale. Tutta l'area intorno alla porta era tristemente nota come il “campus sceleratus”, dove venivano sepolti i condannati a morte e le Vestali ree di non aver osservato il voto di verginità. La prima di cui si abbia notizia fu la Vestale Minucia, nel 336 a.C.: la pena per loro era di essere sepolte vive, come raccontano Plutarco, Fedro e Pomponio Leto. Nel 1996 sono stati effettuati nuovi scavi archeologici nell'area posta all'incrocio tra via Goito e via XX Settembre, dove si trovano le tracce di ciò che rimane della porta Collina. La ristrettezza del saggio di scavo non ha potuto mettere in luce le fondazioni della porta e del tratto di mura a essa connesso; inoltre, la parte inferiore delle mura è risultata coperta da uno strato composto da limo, ghiaia, frammenti ceramici sporadici e frammenti di tufo, che ricopriva anche la trincea di fondazione. Questo strato poteva avere una funzione di piccolo contrafforte interno alle mura stesse, una sorta di ridotto aggere di contenimento. Sono anche state messe in luce due strutture quadrangolari, interpretate dagli archeologi come bastioni a ulteriore difesa della porta, al centro dei quali passava il Vicus Portae Collinae. Al momento si tratta comunque solo di interpretazioni, in quanto la situazione è tuttora dibattuta. Strabone, Geografia, V. Mauro Quercioli: Le mura e le porte di Roma. Newton Compton Ed., Roma, 1982 Laura G.Cozzi: Le porte di Roma. F.Spinosi Ed., Roma, 1968 Battaglia di Porta Collina Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Collina