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Pulo di Molfetta

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Molfetta insediamenti rupestri presso il pulo
Molfetta insediamenti rupestri presso il pulo

Il Pulo di Molfetta è una caratteristica dolina da crollo di origine carsica che si trova a circa 1,5 km dal centro della città di Molfetta, in direzione sud-ovest, creatasi per il cedimento della volta e dei setti divisori di una o più grotte e cunicoli formatisi a partire da tempi geologici lontani e facenti parte di un sistema carsico complesso costituito dalla confluenza e intersezione di più pozzi carsici originatisi proprio in quel luogo da una serie di coincidenze di tipo geologico. Tale processo è in divenire; per questo, dalla fine di novembre 2008, cioè da quando il sito è stato riaperto al pubblico, è espressamente vietato non solo entrare nelle grotte, ma anche accostarsi alle pareti. Il rischio di caduta di massi di dimensioni ragguardevoli o di piccole pietre - che a causa del salto di circa 30 metri possono essere comunque estremamente pericolose - è sempre presente. Il distacco di materiale puo' essere causato dalla la sola azione meccanica dei rami mossi dal vento o dal passaggio di piccoli animali. Anche solo una lucertola puo' smuovere materiale e causare un potenziale pericolo. Solo la grotta n. 1 (delle 14 accatastate nel vecchio catasto delle grotte) è stata messa in sicurezza ed è visitabile. Contiene una tomba arricchita nell'Ottobre del 2009 del calco dei ritrovamenti ossei reperiti durante gli scavi archeologici guidati dalla dott.ssa Francesca Radina, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, condotti tra il 1995 e il 2003. Dal punto di vista amministrativo la dolina è di proprietà della Provincia di Bari. L'origine del toponimo Pulo è ignota. Il termine è attestato già dal Seicento, in quanto Domenico Santoro, pur riferendosi al Pulo di Altamura, nel 1688 scrisse "luogo detto dalli cittadini lo Pulo". Il noto naturalista molfettese Giuseppe Maria Giovene comprese che la dolina era dovuto all'azione erosiva dell'acqua. Inoltre, come mostrato da documenti antichissimi (già antichi ai tempi di Giovene), il nome originario del Pulo di Molfetta era gurgio S. Leonardi. L'aver utilizzato la parola "gurgio" o "gurio", analogamente ad altri guri della Murgia, come ad esempio gurio Lamanna, ha portato a ritenere che gli antichi forse avevano intuito la vera origine della dolina. Come ha fatto notare Carmelo Colamonico, la parola "gurio" nelle Murge indica "le voragini a fondo pianeggiante" dove si raccolgono le acque di un grande bacino idrografico. Questa grande voragine si apre, improvvisamente, tra i campi coltivati, nel suolo calcareo con le pareti (praticamente verticali sulla quasi totalità del perimetro) che mostrano con grande evidenza le ordinate giaciture delle stratificazioni geologiche sovrappostesi durante il processo di deposizione e successiva diagenizzazione dei sedimenti che originarono la formazione del basamento calcareo, risalente al Cretaceo inferiore, che costituisce in massima parte l'ossatura strutturale della Puglia. Tale processo di formazione viene concordemente datato dai geologi tra i 250 milioni e i 60 milioni di anni fa.Nelle pareti a strapiombo si aprono gli spechi di innumerevoli grotte, molte delle quali disposte su diversi livelli e intercomunicanti anche in senso verticale. Sono state tutte censite e catalogate nel corso degli studi che, a varie riprese, hanno interessato questo sito sin dal XVIII secolo.Una di queste è la cosiddetta "grotta del Pilastro", che si sviluppa su tre livelli e presenta in quello superiore un pilastro calcareo, ultimo residuo di un setto che in passato divideva in due la cavità e che presenta un restringimento di sezione in basso, lì dove le acque che si incanalano al di sotto del piano campagna in occasione degli eventi meteorici più importanti operano la loro azione di erosione e di scalzamento al piede delle sponde dell'alveo ipogeo. Quando la sezione minore del pilastro non sarà più in grado di sostenere il peso delle rocce sovrastanti, esso collasserà e si verificherà un crollo che coinvolgerà gran parte - soprattutto quella superiore - di quella parete e avrà come risultato un ampliamento del perimetro superiore del ciglio della dolina. Tanti crolli di questo tipo, successivi nel tempo, hanno portato alla conformazione attuale del sito. Nel Neolitico medio e inferiore (V - IV millennio a.C.) il Pulo di Molfetta era frequentato dalle comunità che vivevano nei pressi della dolina (allora molto più piccola della cavità attuale e decisamente in formazione), essendosi organizzati in villaggi all'aperto e in piano (non in grotta, come erroneamente taluni credono), come si evince dai numerosi resti rinvenuti nei dintorni, soprattutto nel fondo Azzollini e nel non lontano fondo Spadavecchia (dai cognomi dei proprietari all'epoca dei primi scavi) dove nel 1900 avvennero, a cura del Mayer, soprintendente in carica ai Beni Archeologici di Bari, le prime interessanti scoperte archeologiche. Poiché la si è trovata qui per la prima volta, tale tipologia di reperti ceramici fu denominata ceramica "Tipo Molfetta", mentre poi ne sono stati rinvenuti simili in siti diversi, ma omologhi, lungo le fasce costiere e nell'immediato entroterra pugliesi.Degna di nota è la presenza, sul ciglio a W-SW della dolina, dell'ex convento dei Cappuccini, oggi di proprietà privata, lì edificato nel 1536 da Giacomo Paniscotti e che fu attivo fino al 1574, circa, quando i monaci si trasferirono nel nuovo convento, di dimensioni maggiori, più prossimo al centro cittadino (che allora era ancora circoscritto all'interno della cinta muraria della "città vecchia", nell'Isola di S. Andrea). Tale circostanza fece sì che l'edificio sorto nei pressi della voragine carsica, ormai abbandonato dai religiosi, a causa della sufficiente distanza che lo separava dal centro abitato, venisse adibito alla funzione di Lazzaretto, per l'accoglienza, cioè, dei malati di morbi infettivi e contagiosi quali peste, colera, lebbra, che nelle epoche passate periodicamente infestavano le aree urbane.Infine, verso il termine del XVIII secolo, nel 1784 sul fondo del Pulo fu autorizzata dal governo borbonico una nitriera, cioè una vera e propria fabbrica - i cui resti sono stati oggetto di una campagna di scavi e relativo restauro terminato nel 2003 - in cui veniva prodotta polvere da sparo a partire dal salnitro, sale (nitrato di Potassio) contenente azoto (N) e potassio (K), riconosciuto tra i sedimenti del sito dall'abate Fortis, studioso padovano che trovavasi in Puglia perché diretto a Brindisi e che fu chiamato a dare il suo parere dal fratello del noto canonico Giuseppe Maria Giovene, grande studioso naturalista, molto attivo in quei tempi di grande influenza del Positivismo e che ha lasciato alla città di Molfetta i primi reperti di natura archeologica rinvenuti in dolina e nei suoi dintorni e ora esposti nel rinnovato Museo Diocesano cittadino. In seguito al disastroso terremoto del 23 novembre 1980, noto come il terremoto dell'Irpinia, i cui effetti si fecero sentire in maniera pesante anche a tanti chilometri di distanza, in alcune grotte i cui accessi si protendono dalle pareti del Pulo si verificarono numerosi crolli e cedimenti strutturali che ne minarono l'assetto statico tanto da determinarne la chiusura al pubblico. Inoltre una frana ostruì l'ingresso di alcune cavità che in precedenza erano accessibili. In seguito a tali fatti si ebbe l'intervento da parte degli Enti competenti al fine della messa in sicurezza del sito e del suo recupero funzionale alla fruizione da parte del pubblico, finalmente ripartita in data 30 novembre 2008. La sua forma è subcircolare, con diametro variabile da un massimo di circa 180 m a un minimo intorno ai 140 m. La profondità massima del pianoro che si apre sul fondo è di circa 30 m dal ciglio superiore. La relativa vicinanza alla costa (poco meno di un chilometro, in linea d'aria) fa sì che il livello della falda acquifera sottostante si attesti a non oltre 10 m al di sotto del piano di sedime attuale, come verificato da recenti studi effettuati nel corso del restauro e recupero funzionale da parte dell'Amministrazione Provinciale e raccolti nel testo pubblicato nel 2007 a cura della dott.ssa Francesca Radina, a documentazione del lavoro svolto, riportato nelle note a seguire. Esso è il più piccolo dei tre "puli" più noti della provincia di Bari, ma non per questo meno interessante. Inoltre è la dolina di questo tipo più prossima alla costa, per cui la si può considerare la più giovane, riferendosi ai tempi geologici. Le pareti sono costituite da calcari organogeni del cretaceo inferiore della serie del cosiddetto Calcare di Bari, mentre sul fondo della dolina i blocchi rocciosi residuali dei crolli sono ricoperti da più o meno spessi strati di materiale detritico di pezzatura minore, di natura sia alluvionale sia colluviale (che ne occultano la naturale via di allontanamento delle acque meteoriche, generalmente costituita da un inghiottitoio) accumulatosi non solo nel corso delle ere geologiche, ma anche da parte della intensa opera estrattiva della "nitriera" soprattutto negli ultimi anni del XVIII secolo e il primo decennio del XIX, anche se si può dire che dopo soli sette anni, dal 1784 (gennaio) al 1791, l'attività estrattiva non sia risultata più economicamente remunerativa. Non si può escludere che l'attività di cava sia stata estesa anche al versante della dolina che si presenta più degradato rispetto alle pareti contigue. Tale ipotesi deriva da una immagine dei luoghi giuntaci attraverso uno degli "schizzi" dell'illustratore inglese Hawkins durante la visita svolta nel 1788 insieme con un suo connazionale e lo studioso naturalista tedesco Zimmermann, sotto la guida dell'instancabile canonico Giovene. Il Pulo di Molfetta non è interessante solo dal punto di vista storico-archeologico e della sua natura geologica, ma anche, e non di minore importanza, per le sue valenze naturalistiche che rendono questo sito, dimensionalmente non molto esteso, importantissimo dal punto di vista della biodiversità sia faunistica sia botanica. Tommaso Berloco, Storie inedite della città di Altamura, ATA - Associazione Turistica Altamurana Pro Loco, 1985. Andrea Tripaldi, Elogio storico del canonico arciprete Giuseppe Maria Giovene, in Memorie di matematica e di fisica della Società italiana delle scienze residente in Modena, vol. 22, Modena, Tipi della R. D. Camera, 1841. Carmelo Colamonico, Il bacino carsico di Gurio Lamanna nelle Murge alte, in Mondo sotterraneo, XIII, Udine, Tipografia Domenico Del Bianco, 1917. URL consultato il 14 febbraio 2018. Angela Rosa Piergiovanni, La nitriera borbonica del Pulo di Molfetta. Una storia poco conosciuta. Il blog della SCI (posted 31 agosto 2016) https://ilblogdellasci.wordpress.com/2016/08/31/la-nitriera-borbonica-del-pulo-di-molfetta-una-storia-poco-conosciuta/ http://wp.me/p2TDDv-2Cy Michele Maggiore, Un geologo a spasso nella preistoria, dalla Murgia di Altamura al Pulo di Molfetta Archiviato il 19 aprile 2013 in Internet Archive., in Geologi e Territorio, n. 1/2/3, 2006. http://www.instoria.it/home/nitriere_salnitro.htm Museo del Pulo Molfetta Gravina in Puglia Altamura Pulicchio di Gravina Pulo di Altamura Pulicchio di Toritto Gurio Lamanna Grave Tre Paduli Carsismo Dolina carsica Murgia Grave (carsismo) Speleologia Nitriera Uomo di Altamura Necropoli Preistoria Borbone di Napoli Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su pulo di Molfetta Catasto dell'Agenzia del Territorio di Bari. http://luirig.altervista.org/cpm/albums/fenaroli1/001-micromeria-nervosa.jpg ; https://web.archive.org/web/20100416011809/http://luirig.altervista.org/flora/micromeria.htm

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Pulo di Molfetta
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Molfetta insediamenti rupestri presso il pulo
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Luoghi vicini

Basilica della Madonna dei Martiri
Basilica della Madonna dei Martiri

La basilica della Madonna dei Martiri è una chiesa di Molfetta. La costruzione del nucleo primitivo della chiesa (corrispondente, nell'assetto odierno, alla sola area occupata dall'altare maggiore) ebbe inizio nel 1162. La chiesa attuale, infatti, non coincide con quella originaria perché intorno al 1830 l'edificio sacro subì rilevanti modifiche. La chiesa, proclamata basilica minore nel 1987, accoglie al suo interno dipinti tra i quali un'immagine della Madonna dei Martiri, trasportata dai Crociati nel 1188, particolarmente cara ai molfettesi, in special modo ai marinai. Altre opere artistiche conservate nell'edificio religioso sono: la Madonna del Rosario risalente al 1574 e attribuita a Michele Damasceno, la Visitazione della Beata Vergine Maria, la Morte di san Giuseppe, un'Adorazione dei Magi e una statua lignea di Maria santissima dei Martiri eseguita nel 1840. A destra dell'altare maggiore, in un'angusta cripta cui si accede scendendo alcuni ripidi gradini in pietra, è situata una riproduzione fedele del Santo Sepolcro, realizzata a spese del notaio molfettese Francesco Lepore prima del 1497 (anno in cui risultava essere già deceduto) con 62 pietre, si dice, da lui portate dalla Terra santa. Accanto alla chiesa è situato un edificio a tre corsie comunemente detto "Ospedale dei Crociati" che è quello che resta dell'antico "Ospedale dedicato a Santa Maria e ai santi martiri", edificato in epoca successiva (al 1162), dove si fermavano i pellegrini (martiri di Cristo) di passaggio a Molfetta durante il viaggio da e per Gerusalemme. Ospedale è qui da intendersi nel senso etimologico di hospitalis (da hospes, hospitis = ospite), luogo di accoglienza e ristoro, per il corpo e per la mente. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su basilica della Madonna dei Martiri Sito ufficiale, su madonnadeimartiri.it. Basilica della Madonna dei Martiri, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Stazione di Molfetta

La stazione di Molfetta è una stazione ferroviaria posta sulla linea Adriatica a servizio del centro abitato di Molfetta. I binari 1 e 3 sono passanti e vi si fermano rispettivamente i treni diretti a Bari/Lecce e Foggia/Bologna. Il binario 2 non è dotato di banchina ed è utilizzato per precedenze per treni merci; è inoltre presente un ulteriore binario tronco, denominato appunto 1 tronco, dotato di banchina, ma al momento non viene più utilizzato. Le banchine dei binari 1 e 3 sono collegati tra loro da un sottopassaggio, con ingresso pure dal retro della stazione. L'edificio di stazione si affaccia su piazza Aldo Moro. Il corpo centrale è dotato di primo piano sulla cui sommità è posto il tipico orologio. Il piano terra del corpo centrale che ospita la biglietteria si apre sulla piazza con porte ad archi e presenta delle volte a crociera. I due corpi laterali ospitano l'edicola, il bar, la sala d'attesa e il circolo dopolavoro. La stazione è servita dai treni regionali operati da Trenitalia, anche nel contesto del servizio ferroviario metropolitano di Bari, svolto nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Puglia. Fermano inoltre alcuni collegamenti a lunga percorrenza svolti sia dalla stessa Trenitalia sia da NTV. La stazione dispone di: Biglietteria a sportello Biglietteria automatica Sala d'attesa Servizi igienici Bar Edicola Nel piazzale antistante la stazione vi sono le fermate delle autolinee urbane. Fermata autobus Rete Ferroviaria Italiana, Fascicolo Linea 132.

Museo diocesano (Molfetta)
Museo diocesano (Molfetta)

Il Museo-Pinacoteca di Molfetta è situato nei locali del Seminario Vescovile, nel centro storico della città. Il primo nucleo museale è da ricondurre all'operato dell'ecclesiastico molfettese, Giuseppe Maria Giovene, il quale accumulò il materiale archeologico proveniente dal Pulo. In seguito nei primi anni del XIX secolo il vescovo Mons. Filippo Giudice Caracciolo, insieme all'arciprete Giovene, riorganizzò il patrimonio diocesano costituendo il primo nucleo del Museo. Il museo ospita reperti provenienti da varie campagne di scavo effettuate sull'onda degli "entusiasmi ottocenteschi", nel Pulo di Molfetta e in altri siti archeologici circostanti. Il secondo nucleo del Museo è legato al nome di un altro insigne sacerdote, Francesco Samarelli, che tra il 1908 e il 1910 scandagliò alcune località nell'agro di Molfetta rinvenendo manufatti litici e ceramici cronologicamente e culturalmente assimilabili a quelli del Pulo e oggi esposti nel Museo. Dopo un lungo periodo di stasi, il 23 ottobre 1976 si istituì con decreto vescovile il Museo Diocesano, aperto al pubblico dal 1980. Nel giugno 2009 si sono conclusi i lunghi lavori di restauro che hanno adeguato il museo alle più moderne teorie museografiche e museotecniche, hanno permesso l'ampliamento dei locali (su una superficie di circa 1500 m2) ospitando le oltre 200 opere provenienti da molte chiese dei quattro paesi della diocesi (Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi, Ruvo) e la monumentale biblioteca dell'inizio del XIX secolo con oltre 47.000 volumi del XV - XVIII secolo. Al piano terra la possibilità di ammirare la sezione archeologica che raccoglie sia materiale preistorico di Età Neolitica che di Età preromana; la galleria dei paramenti liturgici che rivelano l'evolversi del gusto e delle tipologie tessili e decorative dal XVII alla fine del XIX secolo; il lapidarium che custodisce i frammenti erratici provenienti dall'antico Duomo di Molfetta, dalle chiese e dall'arredo urbano; le due sale della statuaria che ospitano le antiche statue della Settimana Santa molfettese e una raccolta di reliquiari “a busto” in legno dipinto, risalenti al Seicento. Al primo piano s'impone la monumentale Biblioteca del Seminario Vescovile, realizzata tra il 1837 e il 1844, che attualmente custodisce circa 47 000 opere, compresi manoscritti, incunaboli e cinquecentine e alcuni testi a stampa risalenti al Seicento e Settecento. A completare il percorso è la Pinacoteca nella quale sono esposte opere comprese tra il XVI e XVIII secolo, a firma di grandi artisti quali Marco Cardisco, Francesco Cozza, Bernardo Cavallino, Corrado Giaquinto, Nicola Porta e altri della “scuola napoletana”. Di non poco interesse sono anche la Sala del Tesoro che espone apparati e vasi sacri per la liturgia; la sezione della Scultura contemporanea dell'artista molfettese Vito Zaza; l'antica Cappella del Collegio dei Gesuiti, oggi Auditorium, riprogettata nell'Ottocento dall'arch. de Judicibus e arricchita dai dipinti murali di Michele Romano. Diocesi di Molfetta Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo diocesano di Molfetta Sito ufficiale, su museodiocesanomolfetta.it. Museo diocesano, su Anagrafe degli istituti culturali ecclesiastici, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Museo diocesano, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Palazzo Dogana (Molfetta)
Palazzo Dogana (Molfetta)

Palazzo Dogana è un edificio di Molfetta, che sorge ai margini del borgo antico, di fronte al porto. Nel corso della sua storia è stato sede del Seminario Vescovile, della Dogana e della Capitaneria di porto. Durante seconda guerra mondiale ha, inoltre, ospitato le truppe dirette al fronte greco. A partire dalla seconda metà del XX secolo, l'edificio ha vissuto un periodo di abbandono e degrado, fino al 2017. Nel 2019, dopo accurati lavori di restauro e restituzione di un bene storico e monumentale con valorizzazione in continuità, è stato inaugurato l'albergo 5 stelle "Dogana Resort". Osservando attentamente l'edificio si nota come esso sia in realtà il risultato di una serie di trasformazioni e restauri avvenuti nel corso dei secoli. Durante il Medioevo, quello che sarebbe poi diventato Palazzo Dogana faceva ancora parte della cinta muraria del borgo, come testimoniava, fino al 1812, un torrione rotondo, posto nel punto d'incontro con il lato meridionale delle fortificazioni. Le prime notizie riguardo all'edificio risalgono al 25 novembre 1655, quando il vescovo Giovanni Tommaso Pinelli acquista una "casa palaziata" dal nobile Giovanni Maria de Luca ad un prezzo di circa milleduecento ducati (cfr. C. Pisani, Palazzo Dogana, cfr. sito web de "l'altra Molfetta", Dicembre 2017). Successivamente, tra il 1673 e il 1694, vengono acquistate altre porzioni del palazzo della famiglia de Luca, andano a definire i confini del sito dove sarebbe sorto il nuovo Seminario. Tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo ebbero luogo i lavori al palazzo vescovile e al palazzo del Seminario, che terminarono nel 1713, anno di inaugurazione del nuovo Seminario da parte del vescovo Fabrizio Antonio Salerni. Sempre Salerni ottenne il 2 maggio 1725, l'autorizzazione dalla Santa Sede ad istituire l'Episcopio. Nel 1760 il Seminario fu oggetto di imponenti lavori di ristrutturazione, completati in 3 anni con un costo di circa ventunomila ducati. Nel 1767 il vescovo Orlandi inoltrò una richiesta al re, per ottenere il trasferimento della Cattedrale e dell'Episcopio nella chiesa e nei locali appartenuti alla disciolta Compagnia del Gesù, trasferimento avvenuto nel 1776. Con le leggi n°794 del 21 agosto 1862, n°3036 del 7 luglio 1866 e n°3848 del 15 agosto 1867, la vecchia sede del Seminario viene ceduta al Demanio dello Stato. Successivamente l'edificio diventa sede della Dogana e della Capitaneria di Porto e, a partire dal secondo dopoguerra, gli archivi di quest'ultima e gli uffici per le visite mediche di idoneità al servizio militare di leva. Elena Germano Finocchiaro, La fabbrica di Palazzo Dogana sede dell'antico Seminario di Molfetta Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Dogana

Duomo di San Corrado
Duomo di San Corrado

La chiesa di San Corrado è un luogo di culto cattolico di Molfetta, nella città metropolitana di Bari, situato ai margini del borgo antico della città, di fronte al porto. Fino al 1785 è stata la cattedrale della diocesi di Molfetta. È considerato il simbolo della città di Molfetta. La chiesa venne costruita fra il 1150 e la fine del Duecento e dedicata a Santa Maria Assunta; fino al 1671 fu sede dell'unica parrocchia di Molfetta. Antica cattedrale della diocesi di Molfetta, nel 1785 la cattedra venne spostata nella chiesa del collegio dei Gesuiti insieme alla dedica. La ex cattedrale assunse quindi il nome di san Corrado, patrono di Molfetta. La chiesa di San Corrado costituisce un singolare esempio dell'architettura romanico-pugliese. Essa è infatti la maggiore delle chiese romaniche con la navata centrale coperta a cupole in asse (tre, nel caso specifico) impostate su tamburo a pianta esagonale, rispetto alle altre (comprese le quattro Basiliche Palatine) aventi la copertura del tipo a capriate e tegole sovrapposte. La costruzione, a pianta basilicale asimmetrica, è divisa in tre navate da pilastri cruciformi con colonne addossate e la navata centrale presenta una copertura a tre cupole in asse, come già riportato, di altezza variabile (quella centrale è considerevolmente più alta delle due di estremità), mentre le navate laterali sono coperte con tetti spioventi, a una falda ciascuna, con tegole costituite da chiancarelle della stessa tipologia della copertura dei famosi trulli della valle d'Itria. Stesso tipo di chiancarelle, assemblate a punta di diamante con sei falde convergenti al centro verso l'alto per ciascuna cupola (allo scopo di assecondare la pianta esagonale dei tamburi di base), ricopre le tre cupole centrali. La facciata rivolta a occidente, che oggi appare quella principale, è spoglia, a differenza di quella di mezzogiorno, che presenta tre finestre tardo rinascimentali, stemmi di alti prelati, un'immagine di papa Innocenzo VIII e le statue di san Corrado e san Nicola. Ciò si spiega col fatto che all'epoca della costruzione e fino al 1882 quella facciata, così come tutto il prospetto occidentale della città vecchia erano a picco sul mare, così come testimoniato dalle rare fotografie antecedenti alla costruzione della banchina Seminario, in coincidenza con la costituzione della prima tranche del nuovo porto, cioè quello attuale (2007), conclusasi intorno al 1882, appunto. Il complesso strutturale è serrato tra due torri campanarie. Queste (quella di mezzogiorno detta campanaria perché sede fisica del campanile, l'altra, più prossima al lato mare, di vedetta perché utilizzata a tale scopo per il preventivo avvistamento di eventuali incursioni saracene) sono gemelle, di base quadrata, a tre ripiani, alte 39 metri, aperte sui quattro lati da finestre bifore e monofore. Nell'interno il corredo artistico è scarno ma essenziale; un fonte battesimale del 1518, un prezioso paliotto con bassorilievo del XIV secolo, un pluteo in pietra del XII secolo che rappresenta una cerimonia pontificale e il Redentore del XIII secolo. Caratteristica è l'acquasantiera del XII secolo, la quale raffigurante un uomo, probabilmente saraceno, che regge un bacile in cui nuota un pesce, simbolo ricorrente nell'iconografia religiosa. L'altare maggiore è in stile barocco ed è collocato nell'abside semicircolare. Molfetta Cattedrale di Santa Maria Assunta (Molfetta) Romanico pugliese Chiese a sala con cupole in asse Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Corrado La chiesa di San Corrado, su web.tiscali.it. URL consultato il 10 aprile 2013. Notizie storico-artistiche e galleria fotografica, su medioevo.org. URL consultato il 10 aprile 2013.

Cattedrale di Santa Maria Assunta (Molfetta)
Cattedrale di Santa Maria Assunta (Molfetta)

La cattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Molfetta, nella città metropolitana di Bari. È dal 1785 cattedrale della diocesi di Molfetta (dal 1986 diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi). L'attuale cattedrale molfettese fu costruita dai Gesuiti nel corso del Seicento e dedicata al loro fondatore, Ignazio di Loyola. Iniziata nel 1610 fu ultimata solo nel 1744 con la costruzione della facciata. Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1767 la chiesa rimase per alcuni abbandonata, finché nel 1785, debitamente restaurata ed ampliata, fu eretta a nuova cattedrale diocesana, al posto dell'antica chiesa, l'odierna chiesa di San Corrado, o “duomo vecchio”. In questa occasione furono traslate nella nuova cattedrale le reliquie del santo patrono cittadino, san Corrado di Baviera. La facciata della chiesa, con paramento murario in pietra, è a salienti, percorsa verticalmente da lesene composite lisce, anch'esse in pietra. Al centro, si apre il portale, con sopra una finestra rettangolare. La parte superiore della facciata è caratterizzata da un profilo ad arco a tutto sesto ed ospita al centro, all'interno di una finta finestra, una statua marmorea raffigurante Sant'Ignazio di Loyola. L'interno della chiesa è a croce latina, con volta a botte lunettata affrescata nel 1887 dal pittore molfettese Michele Romano; in corrispondenza della crociera, vi è una volta a vela con stucchi che formano a finta cupola. Il presbiterio è cinto da una balaustra marmorea ed ospita gli stalli lignei del coro e l'altare maggiore. Alle spalle di quest'ultimo, nell'abside semicircolare, si trova un altorilievo raffigurante l'Assunzione di Maria. Fra le altre opere custodite nella cattedrale vi sono la Dormitio Mariae attribuita allo Scacco (XVI secolo), il monumento sepolcrale del naturalista e storico molfettese Giuseppe Maria Giovene, posto a sinistra dell'altare dedicato a San Corrado e, su questo, la tela di Corrado Giaquinto raffigurante l'Assunzione di Maria. Sulla cantoria in controfacciata, si trova l'organo a canne, costruito nel 1961 dai Fratelli Ruffatti riutilizzando la cassa e parte del materiale fonico del precedente strumento, di Francesco Criscuolo che lo realizzò nel 1866. L'organo è a trasmissione elettrica e la sua consolle ha due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note. La mostra è composta da canne di principale disposte in più campi a cuspide, con bocche a mitria dorate e allineate. La cantoria lignea presenta un parapetto riccamente decorato con rilievi scolpiti. Cattedrali di Puglia. Una storia lunga duemila anni, a cura di Cosimo Damiano Fonseca, Mario Adda Editore, Bari 2001 Molfetta Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi Architettura barocca Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla cattedrale di Santa Maria Assunta a Molfetta La cattedrale sul sito della diocesi, su webdiocesi.chiesacattolica.it. URL consultato il 10 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2015). Immagine a 360° della cattedrale, su italiavirtualtour.it. URL consultato il 10 aprile 2013. Chiesa di Santa Maria Assunta (Molfetta) su BeWeB - Beni ecclesiastici in web