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Museo archeologico al teatro romano

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Museo archeologico al teatro romano 11
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Il museo archeologico al teatro romano è un grande complesso museale che sorge nel quartiere di Veronetta a Verona, in prossimità dell'ansa del fiume Adige; esso è composto da palazzo Fontana, che funge da ingresso all'ampia area, dal sito archeologico del teatro romano di Verona e dal museo vero e proprio, situato nel quattrocentesco convento dei Gesuati.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Museo archeologico al teatro romano (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Museo archeologico al teatro romano
Scalone Volto San Bartolomeo, Verona Veronetta

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Teatro Romano

Scalone Volto San Bartolomeo
37129 Verona, Veronetta
Veneto, Italia
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Museo archeologico al teatro romano 11
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Luoghi vicini

Chiesa di Santo Stefano (Verona)
Chiesa di Santo Stefano (Verona)

La chiesa di Santo Stefano è un edificio di culto cattolico di Verona, realizzato prevalentemente in stile romanico, situato nell'attuale quartiere di Veronetta, lungo l'Adige, non lontano dalla chiesa di San Giorgio in Braida, da porta San Giorgio e da ponte Pietra. Le sue origini sono antichissime e, nonostante alcuni rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli, parte della struttura rimane quella edificata intorno al V secolo, il che la rende un esempio quasi unico di architettura paleocristiana in territorio veronese. I ritrovamenti in loco di altari riconducibili al culto di Iside ha dimostrato che fu fondata in un luogo considerato sacro fin dall'antichità. Il primo edificio paleocristiano qui sorto dovrebbe essere posteriore, seppure di poco, al 415, ovvero al ritrovamento delle reliquie di Stefano protomartire. Doveva essere a un'unica navata con un ampio transetto e un'abside. L'entrata era anticipata da un atrio, probabilmente un nartece. Di questa primitiva costruzione è rimasta solamente l'impostazione generale e il fianco meridionale in muratura a sacco. Durante il regno di Teodorico il Grande l'edificio venne parzialmente distrutto, ma poi prontamente ricostruito. Il fatto che nella chiesa sia conservata una sedia episcopale in pietra e che vi siano le spoglie di alcuni vescovi veronesi ha fatto supporre che nell'Alto Medioevo Santo Stefano fosse la sede vescovile della diocesi. Si presume che tra il VI e la fine dell'VIII secolo l'aula fosse trasformata con la realizzazione di tre navate e dei matronei a cui si accedeva attraverso due scale poste sulla facciata. Nell'XI secolo venne aggiunta la cripta. A differenza di moltissimi edifici veronesi, il terremoto del 1117 danneggiò Santo Stefano solo parzialmente. La ricostruzione comportò modifiche all'abside, alle finestre e alla facciata, che fu spostata fino a comprendere il nartece, allungando così di fatto l'edificio. Queste trasformazioni portarono la chiesa ad assumere l'aspetto romanico che tutt'oggi la contraddistingue. Tra il 1618 e il 1621 il parroco, monsignor Varalli, fece costruire sul muro meridionale la barocca cappella Varalli (o cappella degli Innocenti). Nei secoli successivi vi furono diverse iniziative volte al restauro e alla conservazione e al contemporaneo ripristino dell'aspetto originario per quanto possibile. La chiesa si presenta dunque come una somma di elementi architettonici di secoli e stili diversi. Il muro meridionale e l'impostazione generale risalgono al primo edificio paleocristiano, la cripta e la facciata rappresentano un chiaro esempio di architettura romanica veronese, mentre la cappella Varalli è di stampo squisitamente barocco. Menzione a parte si deve fare per l'imponente tiburio che si innalza all'incrocio tra transetto e piedicroce, unico di questo genere a Verona, ma tipico del romanico lombardo. Un'altra caratteristica unica è la presenza nella zona absidale di due ambulacri (o deambulatori) sovrapposti, forse utilizzati dai pellegrini per avvicinarsi alle reliquie. La chiesa conserva molte opere d'arte. Le pareti sono ornate da numerosi affreschi che vanno da quelli basso medioevali di autori ignoti a quelli di Giacomo da Riva e Martino da Verona, nonché quelli di Domenico Brusasorzi, di epoca manierista. Altri pittori veronesi contribuirono alla dotazione artistica della chiesa con le loro pale d'altare; tra essi Paolo Farinati, Marcantonio Bassetti, Pasquale Ottino, Alessandro Turchi e Giovanni Francesco Caroto.

Basilica di Santa Anastasia
Basilica di Santa Anastasia

La chiesa di San Pietro da Verona in Santa Anastasia, meglio conosciuta come basilica di Santa Anastasia, è un importante luogo di culto cattolico che sorge nel cuore del centro storico di Verona; essa si situa nell'area terminale del decumano massimo della città d'epoca romana, in prossimità del punto in cui l'ampio meandro del fiume Adige è tagliato dal ponte Pietra, dove gravitano quindi quelle che furono le due principali vie di comunicazione cittadina, stradale e fluviale. Si tratta della più grande, solenne e rappresentativa chiesa veronese, riflesso di un vivace momento della vita cittadina, in cui l'allargamento e il consolidamento delle istituzioni politiche ed economiche consentirono alla comunità, in sinergia con la signoria scaligera, il clero domenicano e la famiglia Castelbarco, di prodigarsi in un notevole sforzo finanziario atto a edificare questo importante tempio, simbolo della loro potenza.La chiesa costituì per Verona l'episodio gotico di maggiore portata, negli anni immediatamente successivi alla sua costruzione divenne quindi un punto di riferimento su cui si baseranno i progetti di diversi altri edifici chiesastici, in particolare per quanto riguarda alcune innovazioni che Santa Anastasia apportava alla pianta, con lo sviluppo di un ampio transetto e l'articolazione della zona absidale in quattro cappelle ai lati del presbiterio ove è collocato l'altare maggiore, alla struttura muraria completamente in laterizio e alla nuova tipologia di campanile. La facciata, a parte un maestoso portale biforo in stile gotico attraverso il quale si accede nel vasto spazio interno diviso in tre navate da monumentali pilastri cilindrici, si presenta incompiuta. Ai lati delle due navate laterali si aprono alcune cappelle e numerosi altari, di cui il più celebre è l'altare Fregoso realizzato da Danese Cattaneo, elogiato anche da Giorgio Vasari, inoltre si possono ammirare tele e affreschi di noti maestri della pittura veronese e non, quali Pisanello, Altichiero, Liberale da Verona, Stefano da Zevio, Nicolò Giolfino, Giovan Francesco Caroto, Felice Brusasorzi, Francesco Morone, Michele da Verona, Lorenzo Veneziano. La genesi delle sue vicende edificatorie si può collocare al 1260 quando i frati domenicani che si trovavano fuori dalle mura cittadine ottennero dal vescovo di Verona Manfredo Roberti il terreno in cui realizzare la nuova chiesa e il nuovo convento. Data di inizio dei lavori nella grande fabbrica è il 1290, tuttavia il cantiere durò molto a lungo e si può dire che terminò solo negli anni quaranta del XV secolo, anche se le strutture fondamentali erano già pronte nel terzo decennio del secolo precedente. La basilica venne consacrata solennemente il 22 ottobre 1471 dal cardinale e vescovo di Verona Giovanni Michiel, tuttavia opere minori proseguirono per oltre due secoli non arrivando mai a completare il prospetto principale. Soppresso nel 1807 l'ordine domenicano, il tempio venne affidato al clero secolare mentre l'adiacente convento, oramai abbandonato, divenne più tardi sede del liceo ginnasio statale Scipione Maffei. La basilica è, inoltre, sede di una parrocchia inserita nel vicariato di Verona Centro.